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Articolo sull’Unità di Marco Bentivogli: La sinistra rompa un tabù

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Intervista a firma Marco Bentivogli uscito sull’Unità 25 luglio 2013 ( pubblicato nell’edizione Nazionale (pagina 16) nella sezione “Forum” e nell’archivio web):

LA SINISTRA ROMPA UN TABU’: PARLI DI POLTICHE INDUSTRIALI

L’INTERVENTO

Abbiamo evidenza delle privatizzazioni anni 90, elaborate sul panfilo reale Britannia proprio in questi giorni in cui la quasi totalità del settore siderurgico è scoperchiato da multinazionali che proprio grazie al Britannia1 acquisirono gli assets pubblici a basso prezzo e senza nessun vincolo di responsabilità sociale con le persone e territori coinvolti ora ci annunciano il loro disimpegno spesso con una e.mail. Al nostro Paese resterà un patrimonio “passivo” di bonifiche da fare. Cessioni mal gestite, problemi ambientali fatti deflagrare % %. Lucchini, Ilva, Arcelor Mittal, ThyssenKrupp, Alcoa. Tutte rilevate negli anni ’90. E ora queste aziende sono tutte senza acquirenti  e soprattutto e senza manifestazioni di interesse italiani, capitani coraggiosi che ormai investono più in Svizzera  (%%) che nelle imprese, certo, scoraggiate un  vecchio ingordo sistema bancario italiano, da uno Stato inefficiente e distratto. Oggi parlare,  con semplificazione ragioneristica, di un ipotetico  Britannia2 su Finmeccanica a cui aggiungere ENI e ENEL è pericoloso. E’ il frutto di Governi spesso incapaci di liberalizzare i mercati ( ma neanche tassisti e farmacisti) e che immaginano di vendere la quota pubblica di aziende a maggioranza privata ( il 67 % di Finmeccanica è privata) per fare cassa. E allora è mai possibile che in un quadro in cui arretriamo nei settori portanti  del manifatturiero, perdiamo colpi sul primario, senza nessuna neppur tiepida politica industriale, immaginare che si possano liquidare le tre più grandi aziende del Paese non a generici investitori ma a concorrenti che hanno il solo interesse di rilevare il catalogo dei clienti?

Esiste non solo il saldo della finanza pubblica, ma anche quello delle tecnologie, delle competenze ed esiste un bilancio sociale di sostenibilità di un Paese di cui la solidità è, come ci spiegava Federico Caffè, premessa per la solidità economica.  Dobbiamo rompere un tabù e un imbarazzo del centrosinistra: il divieto di parlare di politiche industriali. Mi sorprende il silenzio della Cgil sulle parole di Saccomanni. Personalmente, come sindacalista, non guardo mai all’italianità dei piani industriali ma alla loro sostenibilità ma sarà o no un problema che non vi è nessun settore su cui si investe qualche capitale italiano? Pensiamo che se Lockheed Martin ( Usa)  Bae (Uk) o Cmc (Cina) acquisissero  Finmeccanica, le localizzazioni italiane delle produzioni e competenze non sarebbero a rischio?  Il nostro settore industriale ha perso 500.000 posti di lavoro dal 2008. Finmeccanica ha 40.000 dipendenti in Italia e 67.000 nel mondo, 14.000 ingegneri e 17.000 tecnici specializzati. Produce di 17,2 miliardi di euro di ricavi, generati solo per il 20% in Italia, con il 60% della sua capacità produttiva localizzata in Italia e il 90% degli investimenti in tecnologie, risorse e sviluppo sono realizzati nel nostro Paese. Oggi in Francia si spendono 3,3 miliardi di euro per sostenere innovazione e ricerca del settore aerospaziale che i francesi considerano “settore rifugio”, in Italia gli ultimi due governi hanno azzerato la analoga l. 808. Non fa nulla?  Certo che no, ma perché non liberalizzare veramente i mercati, privatizzare le municipalizzate , perché on tagliare gli sprechi alla spesa pubblica ben evidenziati da Piero Giarda e occultati da tutti i politici?  Non si riesce a chiudere una provincia e vendiamo le aziende produttive? Il nostro Paese non deve avere nostalgia delle industrie pubbliche ma di politiche pubbliche regolatrici, di coordinamento e sostegno come ogni Paese, come il nostro, condannato ad avere un industria forte che esporti, sta facendo.

di Marco Bentivogli Segretario Nazionale Fim Cisl.