Giovani e sindacato: missione (im)possibile?
Giovani e sindacato: missione (im)possibile?
Conferenza finale del progetto europeo YOUnion-Union for Youth
12 dicembre 2014, Bruxelles
Giovani e sindacato: rapporto (im)possibile? Il titolo scelto da ADAPT per la conferenza finale del progetto europeo YOUnion – Union for Youth ben esprime spirito e obiettivi della giornata svoltasi venerdì scorso a Bruxelles presso l’auditorium dell’International Trade Union House e a cui hanno partecipato oltre 60 rappresentanti di tutta Europa di organizzazioni sindacali e istituti di ricerca e formazione.
Moltissimi i temi affrontati nelle ben 20 relazioni che riassumono i risultati del progetto coofinanziato dalla Commissione Europea, coordinato da ADAPT e che ha visto la collaborazione di vari istituti di Belgio, Germania, Olanda, Regno Unito e Ungheria, fornendo importanti testimonianze dei mercati del lavoro e delle azioni promosse nei rispettivi paesi in favore dei giovani e del loro coinvolgimento all’interno dei sindacati. In rappresentanza della CISL, oltre la mia presenza in veste di “uditore”, è intervenuto anche Francesco Lauria del Centro Studi di Fiesole, che ha relazionato sul tema del rinnovamento sindacale per i giovani riportando l’esperienza del Centro Studi nella formazione dei giovani sindacalisti. Un tema questo (e uno strumento) certamente centrale sia per il processo di rinnovamento organizzativo, già avviato dalla dirigenza uscente, che per quello strategico-culturale sui temi di giovani e politiche internazionali, che sembra tornare centrale nei programmi del nuovo corpo dirigente Furlan – Bentivogli. Ce lo auguriamo di cuore con tutti gli in bocca al lupo del caso…
Tutte le analisi muovono dai dati comparati illustrati dalla dott.ssa Francesca Fazio (ADAPT) sulle condizioni dei giovani nei mercati del lavoro dell’Unione Europea e sui livelli di partecipazione di questi ultimi all’interno delle organizzazioni sindacali. Ne emerge un quadro (ben noto a noi italiani, anche in questo fanalino di coda nella UE) di estrema emarginazione giovanile che, nonostante ampie differenze nazionali e rare eccezioni virtuose (tra cui in particolare quella della Germania), impone una profonda riflessione sul grado di universalità della rappresentanza sindacale in Europa ed un ripensamento di metodo e di merito dell’azione sindacale se si vuole che il sindacato torni ad essere quel grande soggetto trasversale di rappresentanza e movimentazione sociale che è stato in passato.
Per quanto si possano considerare in larga misura risolte molte delle deficienze legislative, normative e di fatto che hanno preceduto la grande azione riformatrice dei sindacati nel corso della seconda metà del secolo scorso, le nuove sfide e disuguaglianze introdotte dal pensiero neoliberista e dalla globalizzazione richiedono oggi più che mai una riscoperta del ruolo e dell’importanza strategica del sindacato come soggetto di coinvolgimento, di catalizzazione e coordinamento della società civile sempre più accomunata da un radicato senso di insoddisfazione e rifiuto verso le politiche economiche e sociali intraprese dalla maggior parte dei paesi europei.
Per fare ciò obiettivi, strumenti e ritualità del passato non possono più essere efficaci nell’attuale contesto come dimostrano i risultati di un vasto sondaggio condotto tra i giovani e presentato da Kurt Vandaele (ETUI) nel corso della conferenza, da cui emerge che il sentimento prevalente nei giovani nei confronti del sindacato non è ne di avversità ne di favore ma semplicemente di indifferenza.
Perseguire una determinata e concreta azione di estensione della base associativa dei sindacati, ripensare i tradizionali canali di reclutamento degli attivisti, rinnovare codici e mission dell’azione sindacale dentro e fuori i luoghi di lavoro, valutare possibili spazi di condivisione culturale e operativa con le numerose realtà di attivismo sociale extra sindacale (oggi decisamente più inclini a valicare le barriere geografiche e generazionali), rivalutare e riorganizzare le strutture dedicate al sindacalismo internazionale, oggi unico possibile terreno di pressione politica in grado di intervenire sui grandi temi dell’economia di mercato e dei modelli sociali in rapida trasformazione (come insegnano proprio i risultati ottenuti dalle reti globali dei movimenti sociali nazionali e transnazionali). Tutti questi temi non solo dovrebbero diventare impegno, dovere e responsabilità morale del sindacato di domani (magari proprio il sindacato 2.0 di Bentivogli) ma potrebbero anche essere una preziosa e, a mio parere, indispensabile opportunità di rinnovamento e ripensamento del sindacato come grande, moderno e influente soggetto di rappresentanza della variegata e multiforme società civile post industriale, attraverso un definitivo e ormai inevitabile superamento di quella cultura classista il cui radicamento in una certa parte del sindacalismo (e del mondo del lavoro) italiano, ha per troppi anni rallentato e impedito un completo processo di trasformazione del sindacato.
Paolo Cagol
Fim Trentino
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