Conquiste del Lavoro: Bentivogli ” Che c’entra il sindacato con il cantiere Tsipras?”
Conquiste del Lavoro 11 Febbraio 2015
Confronto Bentivogli – Landini. Il magnete greco attrae la Fiom.
Il leader Fim: piace solo ai salotti
Che c’entra il sindacato con il cantiere Tsipras?
Di Carlo D’Onofrio
Quando si sente dire a Maurizio Landini che, in fatto di strategie sindacali, conta “solo il merito”, che il merito e non qualche ambizione politica è la stella polare che orienta la Fiom e la sua leadership, un leggero senso di vertigine può accadere di provarlo. Eppure Landini a modo suo è coerente . Ma in che senso? Dialogando al Cnel con Marco Bentivogli sulla pista tracciata dai libri di Sandro Antonazzi (“Lo spirito del sindacalismo”) e di Luigi Viviani (“Oltre il declino l’unità: il dilemma del sindacalismo italiano”), il numero uno della Fiom è giunto a dare per morto il sindacato italiano così come lo abbiamo conosciuto dai suoi albori. Colpa di una torsione verso un modello, quello americano, che avrebbe trasformato un soggetto di rappresentanza per tradizione portatori di interessi generali, dunque politico in senso proprio, in una sorta di gilda corporativa, il cui orizzonte sarebbe limitato al perimetro aziendale: con tutto ciò che ne segue anche in termini di improprie connessioni.
Va da sé che l’argomentazione è polemica e mira a colpire i supposti autori di questa trasformazione, e cioè i sindacati dei metalmeccanici che hanno firmato gli accordi della Fiat di Sergio Marchionne. Ma sarebbe sbagliato fermarsi alle apparenze. Al di là delle smentite di rito, Landini lavora da tempo alla ridefinizione del profilo politico del suo sindacato. Accentuandone la vocazione movimentista, tessendo una trama sempre più fitta di rapporti con una galassia di gruppi e associazioni della “società civile”, ha gradualmente trasformato la Fiom nel baricentro di un articolo soggetto d’influenza che, pur non entrando nell’arena elettorale, mira a condizionare l’agenda politica per proporre, più che soluzioni a problemi concreti, una visione del mondo. Né sindacato né partito, la “Cosa” che prende forma attorno a Landini si colloca in una “terra di mezzo”, laddove il rapporto con gli iscritti, base della rappresentanza di interessi, sfuma in quello , più vago ed emotivo, con l’opinione pubblica.
Cambia anche la scenografia sullo sfondo: anziché la fabbrica, il talk show; magari l’evento politico-culturale officiato insieme ad altri volti noti “di area”, ma sempre in favore di telecamere. In questo senso Landini è coerente. Non cerca – o almeno: così non sembra – un posizionamento in vista di una candidatura, da solo o in cordata, in una delle liste della sinistra. Potrebbe invece rimanere fuori, e fare politica con la sua “nuova “ Fiom invece che nelle aule parlamentari. Resta il fatto che il dna sindacale risulta a questo punto sbiadito, a dir poco. E che il solco con le altre organizzazioni confederali , tutt’altro che inclini alla rottamazione della propria storia, rischia di allargarsi anziché restringersi. Del resto il “modello Landini” fa share ma non fa consensi, basta mettere in fila i risultati raccolti dalla Fiom nelle maggiori imprese italiane. Che poi per dare forma al disegna ci si ponga sotto l’alto padronato di una leader straniero, questo, ha ricordato Bentivogli a Landini, non fa differenza:” Se c’è una depoliticizzazione dell’attività sindacale va bene perché è fondamentale la nostra autonomia ma – ha chiarito il numero uno della Fim a Landini – non credo che per questo si debba concorrere alla costruzione di quel cantiere Tsipras che serve solo a confortare i salotti radical-chic”. In altri termini “i metalmeccanici non hanno a cuore il cantiere Tsipras”. Hanno a cuore però il loro contratto. Il problema è che se avessero seguito compattamente Landini e la Fiom in questi anni “ si ritroverebbero nella stessa situazione del pubblico impiego”, che del contratto sta perdendo perfino la memoria. Ora il negoziato con Federmeccanica potrebbe rivelarsi un banco di prova per testare una possibilità, anche allo stato del tutto ipotetico, ritorno all’unità. Ma “il disgelo “ tra Fim e Fiom ipotizzato da alcuni media resta, anche dopo il facci a faccia Bentivogli-Landini, al massimo un auspicio. Perché, come ricorda il leader Fim, il tempo dell’unità “di facciata“ è finito: “ Dal 2001 su sei contratti rinnovati la Fiom ne ha firmati solo due, e nessuno negli ultimi sei anni”. Perciò “ se lo spirito è quello di costruire una piattaforma per fare un vero contratto va bene, se invece la piattaforma deve servire solo a fare sciopero e ad aprire cantieri politici, no grazie: questo errore è già stato commesso altre volte”. A Landini in fondo dovrebbe star bene così: se a contare” è solo il merito”…
Che c’entra il sindacato con cantiere Tsipras – Conquiste del Lavoro