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Bentivogli: contratti precari serve più coraggio

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Bentivogli (Fim) ”Contratti precari serve più coraggio”

Eco di Bergamo 1 maggio 2015

“No, questa è un’idea sbagliata che si fanno i mass media. Il rapporto personale tra me e Landini è buono e cordiale” .Eppure Marco Bentivogli, da novembre 2014 Segretario Generale della Fim-Cisl nazionale, non è tenero con i colleghi della Fiom, tanto da definire la coalizione sociale “un progetto di apprendistato preelettorale”.

C’è una vertenza, quella della Franco Tosi di Legnano, che sta tenendo con il fiato sospeso i 346 dipendenti dell’azienda in amministrazione straordinaria. E i lavoratori hanno bocciato l’intesa firmata da Fim e Uilm, non dalla Fiom.

“E’ stato bocciato l’accordo sindacale di rilancio dell’attività attraverso la cessione dell’azienda alla Bruno Presezzi. Ma c’è da dire che a quel referendum l’astensione è stata superiore ai voti contrari (hanno votato in 219,122 i no, 97 i si, ndr)”.

Beh, è nelle cose che non tutti vadano a votare.

“Certo, conta chi partecipa. Ma qui ha giocato l’asse Fiom-Lega e il clichè della paura che agita rispetto al futuro dell’azienda”.

E’ sicuro che la postilla sulla trasformazione dei contratti a tempo indeterminato in contratti a tutele crescenti non abbia influito?

“No, tanto che nell’intesa abbiamo inserito degli aspetti migliorativi rispetto alla legge. Quella della Fiom è solo una battaglia ideologica e di immagine rispetto alla contesa politica. Le faccio un esempio: i lavoratori Indesit sono passati all’americana Whirlpool con i criteri previsti dalle norme ante Job act, ma la multinazionale ora li vuole licenziare. Riguardo alla Tosi, la nostra intenzione è quella di far tornare i lavoratori a votare, spiegando bene i contenuti dell’accordo. Perché per ora il risultato ottenuto con la bocciatura è l’apertura della mobilità per tutti i dipendenti”.

Ha nominato Indesit il “bianco” in Italia non rischia di fare la fine del tessile, riducendo drasticamente la sua presenza?

“Ci sta andando vicino. Vent’anni fa c’erano stabilimenti di elettrodomestici in tutto il paese. Oggi sono rimaste Whirlpool ed Electrolux, quest’ultima fortemente ridimensionata dalle pesanti ristrutturazioni. Il punto è che il capitalismo di seconda generazione sta scappando dall’industria”.

Vale a dire?

“Whirlpool è la testimonianza di questo: i Merloni hanno venduto a Indesit ad una multinazionale straniera. C’è un problema di competitività di sistema, ma la sfida è rilanciare l’industria”.

Come metalmeccanici voi siete chiamati al rinnovo del contratto nazionale. Immagina una piattaforma unitaria?

“Per il momento io, Landini e Palombella ci siamo incontrati quattro volte, ma costruire una piattaforma insieme sarà difficile, perché la Fiom non è per una piattaforma dei sogni. Soprattutto in un momento in cui c’è una parte di Confindustria che non aspetta altro che mettere in soffitta il contratto nazionale. E con la Fiom c’è una distanza culturale profonda”.

A proposito di distanze, mi dica un aspetto positivo e un aspetto negativo del Jobs act.

“ Uno dei pregi è l’organicità dell’impianto, che si occupa di diversi aspetti. Ma come Fim confidavamo che le forme contrattuali precarie venissero sfoltite con maggiore coraggio. Nelle aziende metalmeccaniche chiederemo che i contratti atipici vengano trasformati in contratti a tutele crescenti. Non condividiamo la possibilità di procedere a licenziamenti collettiva inserita nel Jobs act e sui disciplinari vanno specificate meglio le casistiche. Il grande buco è che nell’agenda di Renzi manca la partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche delle aziende, la sola a poter far fare un salto di qualità alle relazioni industriali”.

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