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Campagna per la tracciabilità dei minerali clandestini: …dall’iniziativa Fim-Cisl e Chiama l’Africa a Terra Futura nel maggio 2013 al voto degli Eurodeputati due anni dopo!

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Erano in tanti i giovani che affollavano sabato 18 maggio lo stand della CISL nell’ultima edizione 2013 di “Terra Futura” a Firenze. Il motivo di tanto interesse era l’incontro promosso dagli studenti dell’Istituto “Ginori Conti” con l’Associazione Chiama l’Africa e l’Ufficio Internazionale della FIM-CISL. Su un tema spinoso: “Bloody Coltan, quando la tecnologia gronda sangue”…..E su una guerra dimenticata: quella nella regione del Kivu in Repubblica Democratica del Congo. Interrogandosi, senza ipocrisie, sulle proprie responsabilità di produttori e consumatori europei e del nord del mondo.

Due anni dopo gli Eurodeputati hanno compiuto un primo passo importante verso la tracciabilità dei minerali provenienti dall’Africa e non solo, utilizzati nell’industria dell’alta tecnologia.

Una vittoria (seppure non definitiva) della società civile e, soprattutto, delle popolazioni coinvolte in conflitti per le risorse minerarie. Il risultato è stato ottenuto dopo una campagna di pressione promossa da oltre cento organizzazioni della società civile e da diversi vescovi europei. Campagna alla quale abbiamo dato un nostro contributo come Fim-Cisl e non solo per la raccolta firme.

I minerali sono la principale causa di conflitti nel mondo. Secondo l’Onu, il 40 per cento dei conflitti armati degli ultimi 60 anni sono stati in qualche modo legati all’accesso alle risorse minerarie (oro, diamanti, ma anche i preziosissimi materiali come il tantalio utilizzato nei nostri smartphone, ipad, computer, video-giochi ecc.). E insieme ai conflitti, arrivano inevitabili violazioni dei diritti umani e l’aumento della povertà. Sono queste le piaghe che tormentano paesi come Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe, CentroAfrica, Myanmar e Colombia. In questi paesi le conseguenze negative, generate dalle attività minerarie a scapito delle comunità locali, stanno dilagando.

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Un primo problema delle miniere riguarda i progetti intrapresi dalle multinazionali del settore estrattivo senza un’idonea valutazione delle conseguenze a livello umano, sociale e ambientale. Il secondo, di carattere politico, riguarda i privilegi accordati alle imprese dagli stessi Stati per mancanza di un monitoraggio costante da parte degli organi internazionali sull’accertamento delle responsabilità. Per fare spazio alle attività estrattive intere comunità di nativi sono costrette a trasferirsi; inquinamento e sfruttamento intensivo delle risorse idriche pregiudicano alla popolazione l’accesso all’acqua potabile. La corruzione e la mancata trasparenza sui metodi di assegnazione delle miniere, sulle trattative con i Governi e sul dialogo diretto con le comunità, è causa di molti conflitti interni.

Nel 1996, in seguito al conflitto nella Repubblica Democratica del Congo che ha causato la morte di 5 milioni di persone, Wall Street introdusse alcune disposizioni che imposero alle aziende di risalire all’origine dei minerali utilizzati per prodotti poi importati negli Usa (tantalio, stagno, tungsteno, oro…), per escludere che provenissero da zone di conflitto. Nel 2010 l’amministrazione Obama, non senza durissimi contrasti con i big dell’elettronica come IBM e Microsoft, fece approvare il “Dodd-Frank Act”. Lo scopo era bloccare il flusso di risorse finanziarie ai gruppi armati, che sfruttano il lavoro minorile ed estorcono denaro ai minatori.

Adesso anche nella Ue, se gli Stati membri approveranno il testo votato il 20 maggio dal Parlamento europeo (402 voti favorevoli, 118 contrari e 171 astensioni), per produrre beni di consumo con i minerali di stagno, tantalio (ricavato dal coltan), tungsteno e oro servirà una certificazione Ue che garantisca la non provenienza da zone di guerra.

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Infatti gli Eurodeputati, oltre al progetto di legge, hanno anche emendato (400 voti a favore, 285 contrari e 7 astensioni) la proposta della Commissione europea. Con l’emendamento approvato le 800 mila imprese dell’Unione europea, che utilizzano stagno, tungsteno, tantalio e oro nella fabbricazione di prodotti di consumo, avranno l’obbligo della tracciabilita’. Dovranno informare su tutte le misure prese per identificare e risolvere i rischi connessi alla loro catena di approvvigionamento. Inoltre, poiché le fonderie di metallo e le raffinerie d’oro rappresentano l’ultimo stadio in cui l’origine dei minerali può essere effettivamente tracciata, gli Eurodeputati hanno proposto che queste siano sottoposte a un audit obbligatorio, svolto da soggetti terzi e indipendenti, per controllare se applicano le regole del “dovere di diligenza”.

Il progetto di legge copre tutte le “aree affette da conflitto e ad alto rischio”: stato di conflitto armato, violenza diffusa, collasso delle infrastrutture civili, aree fragili post-conflitto e aree con Governi e sicurezza deboli o inesistenti, caratterizzate da “violazioni diffuse e sistematiche dei diritti umani”, fra cui la Repubblica Democratica del Congo e la regione dei Grandi Laghi.

“Una industria senza minerali di sangue contribuirà a metter fine alle violenze che il popolo congolese ha subìto. I governi saranno chiamati a mettere in pratica la legge più restrittiva. Migliaia di minatori legittimi beneficeranno dello sfruttamento di minerali non conflittuali e di una industria trasparente”, ha detto il ginecologo congolese Denis Mukwege, premio Sakharov 2014. E’ “l’uomo che ripara le donne”, cioè impegnato a “ricucire” le tante donne stuprate nell’est del Congo a causa della guerra per i minerali. In particolare il coltan, da cui si ricava il tantalio. Il Congo RD ne detiene l’80 per cento delle riserve mondiali. E il tantalio e’ sempre più indispensabile per lo sviluppo dei prodotti elettronici di consumo, ma anche per il futuro dell’auto elettrica.

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Sia Amnesty International, che il Cisde (l’alleanza internazionale delle agenzie di sviluppo cattoliche) hanno parlato di cambiamento epocale e di vittoria per le comunità interessate da violazioni di diritti umani, alimentate dall’estrazione di risorse naturali. Molti dei conflitti africani passati o attuali sono legati al traffico di “minerali sporchi di sangue”. E l’Africa detiene il 30% delle risorse minerarie mondiali.

Affinché non venisse votato ne’ il progetto di legge, ne’ l’emendamento alla proposta della Commissione europea si e’ data un grand’affare Business Europe. La Confindustria europea, guidata da una nostra vecchia conoscenza, Emma Marcegaglia. Ha esercitato pressioni enormi nei confronti degli Eurodeputati. Ma una volta tanto il voto della coscienza e della responsabilità, oltre l’appartenenza politica, ha prevalso sulle indicazioni di voto dei partiti e sulle pressioni esterne.

…..Ma la battaglia contro i minerali del sangue non finisce qui. Ci vorrà un anno di discussioni e negoziati con gli Stati membri e con Commissione e Consiglio europeo prima di adottare un testo finale.

Come ha scritto l’amica Donata Frigerio, che per Chiama l’Africa aveva partecipato all’evento a Terra Futura “Abbiamo bisogno di segni di speranza”. “[…] Ora dobbiamo seguire le procedure perché il Consiglio e la Commissione europea, che devono ridiscutere la proposta di legge emendata, seguano la via aperta dal Parlamento. Forse molti parlamentari sono diventati consapevoli che lo sviluppo (anche economico e del Sud del mondo) passa attraverso la giustizia e il rispetto della dignità di ogni uomo. Ce lo auguriamo. Sarebbe una gran bella novità”.

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Gianni Alioti

Di seguito sia la mia presentazione al Convegno Nazionale “Accanto all’Africa che cambia”, promosso da Chiama l’Africa e Missionari Saveriani a Parma il 13 aprile 2013 (in parte utilizzata anche all’iniziativa di Terra Futura a Firenze il 18 maggio 2013), sia un mio articolo pubblicato sulla rivista bimensile “Solidarietà Internazionale” n.4/2013. Entrambi scaricabili in pdf.

1. G.Alioti La tracciabilità dei minerali (il coltan in Repubblica Democratica del Congo)

2. G.Alioti Coltan insanguinato

 

Post-fazione

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Non tutti nella Fim-Cisl (e non solo) erano a conoscenza di quanto successo nella Repubblica Democratica del Congo negli anni ’90 e a inizio del nuovo Secolo XXI……. Ancora meno le persone che sapevano dei conflitti derivanti dallo sfruttamento dei minerali nella regione del Kivu. Nella regione dei grandi laghi. Ai confini con Burundi, Rwanda e Uganda.

Fu, quindi, una presa di coscienza avere come ospiti “inattesi”, nel nostro Consiglio Generale nazionale FIM-CISL convocato in sessione straordinaria nell’ambito di Terra Futura a Firenze il 31 marzo 2006,
don Albino Bizzotto, dei Beati Costruttori di Pace e alcuni rappresentanti degli studenti congolesi dell’Università di Firenze. Furono loro a parlarci della “guerra dimenticata” in Congo, della situazione nel nord del Kivu, della difficile transizione alla democrazia e a una pace effettiva.

Ci convinsero della necessità di occuparcene. E quell’estate l’amico Emilio Lonati, in rappresentanza della Fim-Cisl nazionale, partecipo’ alla marcia promossa in Congo dai Beati Costruttori di Pace e si fermo’ un mese a Bukavu (insieme a padre Eugenio Melandri e altre persone) partecipando al gruppo degli osservatori internazionali accreditati per monitorare la regolarità del processo elettorale. Le prime elezioni libere e democratiche in RDC.

Di seguito alcune foto di quel Consiglio Generale a Terra Futura 2006. Fu un evento eccezionale. Oltre agli ospiti “inattesi”, parteciparono relatori esterni del calibro di Susan George, Mario Sepi, Mario Cavani.

alcune foto di Terra Futura 2006