Vertice IndustriALL Global Union con i sindacati italiani dell’industria
Il 22 settembre 2015 a Roma si è svolto l’incontro annuale tra il segretario generale, Jyrki Raina e il vice-segretario, Kemal Özkan di IndustriALL Global Union e i segretari generali e gli uffici internazionali delle sei federazioni sindacali dell’industria affiliate: Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltcem-Uil.
Dopo un’illustrazione di Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl sulla situazione sindacale in Italia, il confronto si è incentrato sull’emergenza profughi in Europa, sulle azioni di sindacalizzazione a livello mondiale, sull’organizzazione delle reti sindacali globali nelle multinazionali e la negoziazione degli Accordi Quadro Globali (GFAs nell’acronimo inglese), sulla promozione dei diritti e della libertà sindacale, sulla lotta contro il lavoro precario e per una politica industriale sostenibile.
Emergenza profughi in Europa e migrazioni
Jyrki Raina ha riconosciuto come la crisi dei profughi e dei migranti in fuga da guerre e fame ha trovato il sindacalismo internazionale spiazzato e impreparato, specie a livello europeo. Nonostante i sindacati abbiano un ruolo fondamentale da svolgere. Poche o insufficienti le azioni concrete, ad eccezione della decisione della IG Metall di stanziare 500mila euro per le strutture territoriali impegnate nell’accoglienza delle migliaia di profughi che stanno affluendo in alcune regioni della Germania.
IndustriALL Global Union è da qualche tempo impegnata a creare nuove generazioni di sindacalisti per rafforzare l’affermazione della democrazia anche nei cosiddetti Failed States (Siria, Iraq, Libia, Afghanistan ecc.). Se non rinunciamo a un ruolo attivo come sindacati anche in situazioni come queste che appaiono proibitive, a maggior ragione dobbiamo riscoprire un ruolo educativo e di orientamento dei lavoratori nei paesi europei, per arginare l’ondata populista e xenofoba.
Kemal Özkan ha evidenziato come la crescita del fenomeno dei profughi e dei flussi migratori sia dovuto agli effetti destabilizzanti d’interventi militari in alcune regioni e all’aumento delle disuguaglianze economiche e sociali, che – come un recente rapporto dell’Ocse dimostra – ci riporta alle condizioni di 200 anni fa.
La globalizzazione governata dalle imprese transnazionali
E come, dappertutto, di fronte alla crisi economica, le azioni dei Governi stiano convergendo su misure simili: messa in discussione del sistema pubblico e del welfare (con un attacco alle prestazioni sanitarie, all’educazione pubblica, alle pensioni); deregolamentazione del mercato del lavoro e aumento della precarizzazione; ridimensionamento della contrattazione collettiva e marginalizzazione del ruolo dei sindacati.
Nel mondo su 2,9 miliardi di lavoratori il 40% sono impieghi informali senza tutele e solo il 7% sono i lavoratori sindacalizzati. Gli sviluppi della globalizzazione negli ultimi dieci anni hanno cambiato la geografia economica del mondo. Basta guardare alla Cina. Nel 2014 questo paese ha attratto 120 miliardi di dollari in investimenti diretto esteri (IDE). Ma, al contempo, ha portato a termine – nello stesso anno -190 miliardi di dollari d’investimenti all’estero. Di questi, ben il 78% sono stati realizzati in Europa (tra cui l’Italia, come nel caso della Pirelli e di Ansaldo Energia). Questo deve farci riflettere sul trasferimento di capitali e di potere nel sistema industriale mondiale e nelle relazioni commerciali tra gli Stati.
In quest’ambito le imprese transnazionali, con le loro reti di approvvigionamento globale (supply chains) sono sempre più protagoniste della Global Governance. Gli investimenti si localizzano, dove i costi dei diversi fattori della produzione sono inferiori. Ma quasi mai la ricchezza prodotta rimane nel paese, dove si produce. Ad esempio, in Thailandia su 35 miliardi di valore aggiunto prodotto, solo il 20% rimane nel paese. Il resto costituisce parte delle “catene di valore” delle imprese transnazionali, che si approvvigionano di parti e componenti per i loro prodotti dalle reti di sub-fornitura che hanno creato in questo – come in altri paesi low-cost.
Un altro fattore della Global Governance guidata dalle imprese transnazionali sono gli “accordi di libero scambio”. Di solito questi accordi rinnegano tutto ciò che gli Stati hanno regolato sul piano legislativo o che le parti sociali (sindacati e imprese) hanno concordato. Il trattato di libero scambio tra Usa e Ue (TTIP) è niente rispetto a quanto si sta negoziando, ad esempio, tra Usa e 17 paesi del Pacifico, tra cui il Giappone (TPPA). In questo caso il negoziato è coperto da un assoluto riserbo. Nonostante i testi siano ignoti, da alcune indiscrezioni trapelate risulta che si prevedono clausole che assicurano le imprese transnazionali, dai “danni” derivanti da possibili aumenti dei salari minimi legali decisi dai singoli Stati. In pratica le imprese si potrebbero rivalere nei confronti di questi Stati per l’aumento del costo del lavoro derivante dagli aumenti salariali concessi.
Le risposte sindacali ai cambiamenti su scala globale
Per far fronte a questa globalizzazione, governata unilateralmente dalle imprese transnazionali, che colloca “il profitto sopra le persone”, c’è bisogno – come ha rimarcato Jyrki Raina – di un contrappeso sindacale a livello globale. Il primo mattone è rafforzare il potere sindacale nei luoghi di lavoro e in ciascun paese, incrementando il numero di persone liberamente associate. E se in Nord America e in Europa, negli ultimi 30 anni, si è perso terreno sul piano organizzativo, nelle periferie del mondo, in Africa, in America Latina e specie in Asia si registra una crescita del movimento sindacale.
In Indonesia i sindacati dell’industria hanno già superato 1,3 milioni d’iscritti (soprattutto giovani). In Cambogia solo nel settore tessile i lavoratori sindacalizzati hanno raggiunto i 600 mila (soprattutto donne). E la sindacalizzazione si accompagna a movimenti di lotta per i diritti fondamentali, per un lavoro dignitoso contro le forme di precarietà, per aumenti salariali. Adesso in Indonesia il salario minimo contrattato è intorno ai 200 euro il mese. Una cifra che per noi europei significa poco. Ma dovete pensare che si è più che raddoppiato nel giro di 3 anni, grazie alle lotte sindacali nel paese e alle campagne globali di solidarietà.
E l’aumento dei salari in un paese grande come la Cina, risultato sia di un esteso stato di conflitto operaio – di solito spontaneo – e dai cambiamenti del mercato del lavoro, è la principale ragione del processo di ri-localizzazione in Europa (specie nei paesi dell’est) del 40% delle produzioni prima de-localizzate nelle regioni industrializzate cinesi del sud (dove il salario minimo legale supera ora i 300 euro il mese). La seconda ragione è la vulnerabilità delle catene di sub-fornitura. Ad esempio la Renault ha dovuto sospendere per una settimana la sua produzione in Francia a causa delle inondazioni del novembre 2011, che avevano colpito i suoi sub-fornitori in Thailandia. E questi fenomeni atmosferici estremi, anche in conseguenza dei cambiamenti climatici, sono sempre più frequenti e intensi in diverse regioni del mondo.
Per tutti questi motivi come IndustriALL Global Union stiamo trasformando la nostra concezione sindacale, le nostre forme organizzative oltre a quelle tradizionali, il nostro perimetro d’azione, per crescere nei paesi di nuova industrializzazione e per rafforzarci nelle imprese transnazionali (TNCs), comprese le loro reti di sub-fornitura.
A questo scopo il primo obiettivo è assicurare, con campagne globali mirate e aumentando le azioni di cooperazione e solidarietà, i diritti sindacali fondamentali del lavoro (dalla libertà di associazione al diritto alla contrattazione collettiva) in tutto il mondo. Il secondo obiettivo è il riconoscimento del sindacato globale come interlocutore e soggetto negoziale delle imprese transnazionali. Come sindacato dell’industria abbiamo firmato, finora, accordi quadro globali in 46 TNCs (in alcune di queste più di un accordo). Il prossimo accordo dovremmo sottoscriverlo con l’impresa del tessile-abbigliamento HM e coprirà ben 1,6 milioni, tra i lavoratori diretti e quelli della rete di sub-fornitura nel mondo. Non riguarderà solo i diritti sindacali fondamentali e la libera contrattazione collettiva, ma anche un sistema di dialogo sociale e procedure per la risoluzione delle controversie a livello aziendale, nazionale e sovranazionale.
Con il passare del tempo sono aumentate le nostre aspettative sui GFAs e con gli ultimi accordi anche i risultati (come nel caso dell’accordo con l’italiana Enel). Possiamo parlare di accordi di seconda generazione, che non si limitano al rispetto degli standard minimi definiti dalle convenzioni OIL. IndustriALL Global Union conta molto sulla volontà dei sindacati italiani affiliati a voler progredire su questo versante. A questo riguardo si è discusso degli sviluppi nel gruppo Whirlpool che, nel 2014, ha acquisito il controllo di Indesit Company (firmataria del primo accordo quadro internazionale al mondo in un’azienda metalmeccanica); dei gruppi Pirelli, Eni, Finmeccanica ecc. L’impegno reciproco è individuare una mappa di TNCs a casa madre italiana su cui agire per creare reti sindacali globali (come quelle già esistenti in Tenaris, Fca e Cnh industrial) e per negoziare (o rinegoziare) accordi quadro globali.
Verso il prossimo congresso di IndustriALL
In ultimo, si è fatto il punto sui prossimi impegni di IndustriALL Global Union verso il prossimo congresso che si terrà a Rio de Janeiro in Brasile, nell’ottobre del 2016.
Entro febbraio del prossimo anno, dovranno essere presentate le candidature per la presidenza e la segreteria generale, poiché Jyrki Raina ha confermato che non si ricandiderà rispettando il suo impegno a non ricoprire l’incarico per più di due mandati.
Il prossimo comitato esecutivo di IndustriALL, convocato la seconda settimana di dicembre 2015 a Phnom Pehn in Cambogia, avvierà la fase congressuale. Quello successivo, che si svolgerà a Istanbul in Turchia nel maggio 2016, prenderà le decisioni politiche (piano d’azione) e organizzative (gruppi dirigenti, statuto, quote) con le quali si andrà al congresso.
Ci si è lasciati con l’impegno a contribuire alla riuscita della prossima giornata d’azione globale, prevista il 7 ottobre 2015, per il lavoro dignitoso e contro il precariato. E Jyrki Raina ha ringraziato i sindacati industriali italiani del supporto che assicureranno anche in futuro, chiudendo il vertice con “the struggles go on”.
Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl dal mese di luglio componente titolare del comitato esecutivo di IndustriALL in rappresentanza di tutti i sei sindacati italiani affiliati, ha rilanciato in una dichiarazione stampa a conclusione dell’incontro che “il sindacato o sarà̀ internazionale o non sarà̀”. Per questo la Fim-Cisl è impegnata con determinazione a contribuire alla realizzazione di un sindacato Europeo e Globale capace di organizzare i lavoratori e di tutelarli attraverso la contrattazione collettiva e la partecipazione.