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Bentivogli: Nuove regole per un lavoro futuro già presente. L’Unità

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Nuove regole per un lavoro futuro già presente.

Contratti innovativi 

di Marco Bentivogli Segretario generale Fim Cisl

L’Unità – 30 novembre 2015

 L’alzata di scudi sulle parole del Ministro Poletti sconta il peso di una narrazione sul lavoro e sul sindacato ferma al secolo scorso. Se ogni dieci minuti, secondo alcuni, per fare notizia, si assiste ad un attacco alla democrazia, alla Costituzione o al Contratto Nazionale, si perpetua una sensazione da “stato di assedio” al limite del ridicolo e si relativizzano solo eventuali attacchi reali. Solo chi gira al largo dalle fabbriche non sa che per molti lavoratori italiani la dimensione spazio temporale di quella che si chiamava la “prestazione lavorativa” è già radicalmente cambiata. Non bisogna fare i futurologi, basta guardarsi attorno, leggere alcune indagini del Politecnico di Milano sullo smart working, alcuni accordi sindacali, che dai servizi si stanno diffondendo sempre più nel manifatturiero dimostrano che il “lavoro agile” e lo smart working sono realtà proprio nelle imprese più innovative e competitive. Anzi, semmai è un problema quando il sindacato non incalza le aziende su questi temi e pur di non “sporcarsi le mani” ppreferisce le azioni unilaterali.

Il lavoro del futuro sarà ad elevate competenze, occupiamoci semmai di colmare il gap che relega il nostro lavoro in fondo alla classifica europea, proprio sulle competenze. Per questo noi abbiamo chiesto nel Contratto Nazionale, il diritto soggettivo alla formazione. Diritto che deve diventare di serie A al pari se non superiore a quello sempre collegato agli incrementi salariali. Se poi analizziamo come cambierà, a breve con internet of things e industry 4.0 il lavoro. In quel caso la disciplina di orario rigida degli attuali contratti nazionali, rischia di essere più un vincolo negativo per il lavoratore, che un opportunità.

La prossimità e l’autonomia con la macchina, vedi l’accordo Aermec si risolve in maggiore autorganizzazione del lavoratore. La gestione anche da remoto di processi produttivi, come per gli ingegneri di Gm Powertrain nella progettazione e test di nuovi propulsori diesel, ci descrive ancora solo in parte, che spazio  e che tempo di lavoro avrà lo smartworking nelle Smart factory. Questo lavoro viene confuso erroneamente con il tele-lavoro che è solo un lontano antenato.

Nella manifattura 4.0 si integrano nuove tecnologie. Ogni macchina dialoga con l’altra e gestisce una mole enorme di Big Data generati dentro e fuori il lavoro. Il lavoratore sarà sempre più un progettista, analista, capace di settaggi intelligenti delle macchine. Oggi 4 miliardi di dispositivi sono collegati tra loro, nel 2020 saranno più di 40 miliardi. Siamo immersi in un mondo interconnesso di macchine e persone. C è solo di augurarsi che il contributo dell uomo non sia parcellizzato nelle 8 ore, 40 o più ore la settimana. L’Italia è indietro, è considerata un tradizionalista esitante e il dibattito innescato fa mal presagire. Possiamo essere contrari ad un lavoro con più libertà, più autonomia, maggiore ingaggio cognitivo e responsabilità?  Per le sfide del futuro serve una svolta nel lavoro, nell’idea di Impresa, come giustamente richiamato dagli amici di Adapt (tra i pochi a dire cose serie sul tema) nelle relazioni Industriali.

 

I Contratti collettivi andranno cambiati per seguire le trasformazioni del lavoro, altrimenti diventeranno reperti di altri tempi e di una parte residua della lavoro. Insomma, bisogna aprire un dibattito serio, che non si affronta né con boutades e men che meno con la superficialità ideologica. Io chiederei al Ministro: se tutto ciò che dice è vero (come è vero), possiamo anche, che la visione sconfittista tenda a rappresentare questo progresso nel solito bicchiere mezzo vuoto per cui viene vista come il maldestro tentativo di scaricare i rischi d’impresa sui lavoratori e allora per sgombrare il campo, perché non accelerare sulla partecipazione strategica e organizzativa dei lavoratori? Se l’ingrediente del lavoro futuro sarà la partecipazione, allora sarà vera svolta, altrimenti perderemo altre occasioni decisive.

La sfida per la produttività e il progresso una parte del sindacato l’ha colta da tempo. Leggete gli accordi Fiat-Fca e visitate Pomigliano. E’ una sfida che deve riguardare tutto il paese. Non ci può essere una parte del paese misurata su merito, produttività e competenze e  un’altra che continua a vivere di relazioni, frequentazioni e rendite.

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