… 25 anni dallo sciopero generale di Genova contro la Guerra in Iraq
… non ho trovato alcuna immagine di repertorio di quella mattinata di 25 anni fa a Genova. Non c’erano allora gli smartphone, con i quali ciascun manifestante si trasforma – oggi – in reporter. E neppure i social network, principale veicolo di diffusione di foto e immagini… Ho solo i miei ricordi.
L’Italia si apprestava ad entrare in guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein. Alleata con una coalizione guidata dagli Usa. La coalizione assemblava paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar. Nazioni che non avevano certo le carte in regola – allora come oggi – per una crociata in nome della libertà, dei diritti umani e della democrazia. E il terrorismo “islamico” non era ancora una minaccia da combattere. Anzi!
Con un imbarazzo in più per il nostro paese. Fino al giorno prima, avevamo potuto contare su Saddam Hussein tra i nostri migliori clienti per la vendita di sistemi d’arma made in Italy. Sistemi prodotti dalla nostra eccellente industria di Stato… Ne erano testimonianza le corvette ed altri mezzi navali ancorate nei cantieri spezzini. Bloccate da alcuni anni in applicazione della Legge 185 sull’export di armi, in quanto l’Iraq era in guerra con l’Iran. Conclusa quella guerra erano state prese in consegna per le ultime revisioni da personale militare iracheno, in attesa di prendere il largo per il Golfo Persico. Il dittatore iracheno aveva bisogno della sua flotta, visto che con l’occupazione del Kuwait, cercava – più del petrolio – il “naturale” sbocco sul mare.
La notte tra il 16 e 17 gennaio 1991, la coalizione lancio’ una massiccia campagna aerea contro l’Iraq, colpendo la città di Baghdad sia con una pioggia di bombe a grappolo e di bombe “intelligenti” lanciate dagli aerei stealth, sia con il lancio di missili cruise… Bombardamento al quale l’Italia partecipo’ nei giorni successivi con i suoi aerei Tornado.
Le persone come me (avevo 38 anni all’epoca), nate e cresciute dopo la seconda guerra mondiale, avevano creduto che nel nostro paese la guerra fosse stata bandita per sempre. Scoprire il contrario fu un trauma. Era il primo vulnus alla nostra Costituzione e al suo articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]”. Articolo fortemente voluto e ispirato dal partigiano demo-cristiano Giuseppe Dossetti, deputato della costituente e tra i padri fondatori della nostra Repubblica.
Negli anni a seguire di vulnus costituzionali, specie all’articolo 11, ne abbiamo vissuto molti altri. Fino ad arrivare alla “guerra permanente” come il principale strumento per la risoluzione delle controversie internazionali… Di ciò ne ha scritto il 14 gennaio sulla rivista MicroMega, Giorgio Cremaschi, nell’articolo: “Il 16 gennaio torniamo in piazza contro la guerra”.
Il 16 gennaio torniamo in piazza contro la guerra infinita G.Cremaschi
Con qualche distinguo ne condivido, in linea di massima, il contenuto. C’e’ pero’ una ricostruzione non veritiera sull’organizzazione degli scioperi nelle fabbriche contro la guerra… “Nel gennaio 1991 in Italia vi furono manifestazioni e scioperi, quello dei ferrovieri indetto dal COMU e quelli di molte fabbriche promossi dalle strutture della Cgil […]”. Spero che quanto affermato sia dovuto ai 25 anni da quegli eventi e non il vizio staliniano di riscrivere la storia in base alle “convenienze” di oggi. Conoscendo Giorgio, propendo di più sulla dimenticanza senile…
Comunque sia, io ricordo che il 15 gennaio 1991 ci fu una fermata simbolica nei posti di lavoro indetta da Cgil, Cisl e Uil e non solo dalla Cgil. Fermata trasformata in molte fabbriche – sempre unitariamente – in scioperi e manifestazioni, come alla Fiat di Torino. Ricordo anche lo sciopero unitario dei sindacati metalmeccanici di Milano il 16 gennaio 1991 dalle ore 9.00 al turno mensa. E, senza paura di smentite, posso raccontare lo sciopero generale realizzato a Genova (e non solo) il 17 gennaio del 1991. Una limpida, ma freddissima, giornata di sole.
All’epoca ero segretario generale della Fim-Cisl Liguria. Sin dalla notte c’era molta agitazione negli ambienti sindacali. Era la prima volta dei bombardamenti in diretta televisiva. La guerra trasformata in un video-game. Ricordo in quelle ore le concitate telefonate per stabilire cosa dovevamo fare. In quei frangenti le opinioni divergevano. Tra chi proponeva di aspettare cosa avrebbero deciso al mattino le segreterie confederali e chi spingeva affinché le strutture sindacali unitarie di fabbrica proclamassero lo sciopero… Mettendo così i gruppi dirigenti sindacali di fronte al fatto compiuto… Una sensibilità diversa e, soprattutto, la spinta proveniente dalle fabbriche del ponente genovese ci fece decidere, come Fim-Cisl (nonostante il parere contrario della confederazione), di sostenere lo sciopero contro la guerra.
Che ci fosse in tutto questo una dose di spontaneità lo dimostra il fatto che, quando arrivammo a De Ferrari alla testa del gigantesco corteo partito ore prima da Sestri Ponente (quello operaio e sindacale, il più numeroso), la piazza era già gremita da decine di migliaia di studenti, portuali (con i mezzi pesanti), pensionati, lavoratori di altre categorie. Nessuna persona aveva ancora preso la parola. Tra i dirigenti sindacali regnava un’assoluta incertezza su chi dovesse tenere il comizio.
Senza aver ancora superato la mia riluttanza naturale ai comizi, fui letteralmente spinto a salire dal palco dai miei colleghi sindacali… Tra questi ricordo, come se fosse ieri, Mario Laveto e Bruno Vitali della Fim-Cisl di Genova, Amedeo Durante e Giovanni Seu delegati di fabbrica di Marconi ed Elsag, Walter Fabiocchi, Andrea Ranieri, Mauro Passalacqua e altri dirigenti della Fiom e della Cgil.
C’era molto timore su quanto si dovesse dire ad una piazza gremita all’inverosimile. Forse anche la paura di qualche contestazione. Fui il primo oratore sindacale di quella grandissima manifestazione (l’altro fu Andrea Ranieri segretario generale della Cgil Liguria). Parlai dieci minuti davanti a sessantamila persone, in una piazza raccolta in un silenzio assoluto…
Dopo di me (e prima di un rappresentante degli studenti e di Andrea Ranieri) prese la parola l’amica Norma Bertulacelli, maestra elementare. Venne sotto il palco chiedendo di poter parlare a nome dei pacifisti. In altre circostanze i dirigenti sindacali confederali non gli avrebbero mai dato la parola. Ma quel giorno le consuetudini, gli equilibri e gli schemi politico-sindacali erano saltati. Pretesero solo di leggere preventivamente quanto riportato nel suo intervento scritto. C’era un passaggio “incriminato”, una citazione giudicata troppo “dura” di un certo Balducci. Quando scoprirono che era un prete, si rassicurarono e diedero disco verde all’intervento di Norma Bertulacelli… Fu un evento straordinario, probabilmente irripetibile.
Con Norma ed altre persone, tra cui Sergio Tedeschi (anche lui sindacalista Fim-Cisl) e Antonio Bruno, avevamo fondato nel 1984 il Centro Ligure di Documentazione della Pace… Riferimento in città e in regione degli antimilitaristi e pacifisti di tutte le tendenze, per aver organizzato e guidato nel corso degli anni’80 le azioni dirette contro la principale esposizione di armi e sistemi d’arma in Italia: la Mostra Navale Italiana.
Con Norma ed altre/i giovani di allora ci siamo ritrovati oggi 16 gennaio 2016 in Piazza De Ferrari sugli scalini di Palazzo Ducale! Forse con più disincanto e qualche utopia in meno. Sicuramente con 25 primavere in più nel fondo degli occhi!