Bentivogli: puntare su partecipazione e responsabilità – L’Unità 14 febbraio 2016
“Bisogna puntare su partecipazione e responsabilità”
“Nel contratto metalmeccanici innoveremo completamente l’inquadramento”
Intervista Marco Bentivogli, Unità – 14 febbraio 2015
Il lavoro è cambiato, ora deve cambiare l’organizzazione del lavoro e la partecipazione dei lavoratori per migliorare il benessere organizzativo che, come dimostra la ricerca, non è ancora all’altezza della sfida della vera innovazione”. Marco Bentivogli è il segretario generale della Fim Cisl, il sindacato che più di altri spinge sul tema dell’innovazione e della cosiddetta Industry 4.0.
Bentivogli, che cosa l’ha colpita della ricerca Swg?
“Fa riflettere per esempio che solo una percentuale molto bassa di lavoratori venga apprezzata per il contributo personale che ciascuna persona può mettere nel fare il proprio lavoro, in termini di originalità e creatività, tipico della nostra cultura Italiana, un patrimonio e una ricchezza da cui far ripartire anche l’economia. L’innovazione non è tale se non viene fatta assieme e la leadership manageriale oggi non può che essere “trasformativa” e culturale. In Italia l’innovazione viene tradita dalla retorica del cambiamento che serve al suo contrario. Bisogna investire in cultura diffusa. Solo in questo modo si potrà rispondere all’esigenza di valorizzare personale che emerge chiaramente al primo posto nella ricerca come principale significato le persone danno al lavoro passando da una vision strumentale ad una realizzativa”.
Un altro dato che spicca è quello sulla “burocratizzazione”: ben il 69 per cento dei dipendenti denuncia di “perdere tempo per la troppa burocrazia” …
“C’è senz’altro un problema reale di eccessiva burocratizzazione del lavoro nel nostro Paese, figlio di una cultura diffusa nel pubblico e nel privato con scarsa meritocrazia, in cui contano ruoli, relazioni e anzianità e poco le capacità e il contenuto del lavoro. Oggi la sfida è snellire le procedure e le norme, velocizzare il sistema e far risparmiare tempo soldi alle imprese e ai lavoratori che vi operano, anche per non sentire il proprio contributo inutile”.
Come cambiare dunque le fabbriche in questo contesto?
“La vera innovazione dipende da tanti fattori che devono viaggiare insieme e sincronizzanti: nuove tecnologie verso industry 4.0, nuove modalità di lavoro (Smart working, co-working). Partecipazione dei lavoratori, formazione come diritto soggettivo, meritocrazia tramite nuovi sistemi di inquadramento, welfare aziendale per conciliare meglio vita e lavoro e aumentare il contributo femminile, organizzazione del lavoro più coinvolgente, che poi significa anche più responsabilizzante”.
Non pensa però che nell’analisi manchi l’aspetto economico? Io, lavoratore, mi impegno e mi realizzo se il mio stipendio è dignitoso: negli ultimi decenni e con la crisi i salari reali sono calati. E voi a Federmeccanica, che propone aumenti nazionali sui minimi solo per il 5 per cento dei metalmeccanici, chiedete di alzare il salario a tutti…
“Certo, il risvolto della responsabilità deve essere un livello professionale adeguato ed economicamente soddisfacente. La chiave di volta a livello di organizzazione: che significa non solo coinvolgimento del lavoratore ma partecipazione ma partecipazione strategica, riconoscimento professionale”.
Riuscirete a mettere queste cose nel nuovo contratto dei metalmeccanici che state discutendo?
“Per esempio siamo molto avanti sul tema di un nuovo inquadramento: sarà completamente rivisto e adattato a come è cambiato il lavoro. Lo scopo principale è rendere trasparenti le differenze tra i lavoratori: ognuno deve sapere perché un suo collega guadagna di più”.
Sulla partecipazione a quale modello bisogna guardare? A quello tedesco dei Consigli di sorveglianza?
“Le aziende italiane in media sono più piccole di quelle tedesche, dunque bisogna distinguere. Serve una tastiera di strumenti: per le aziende più grandi, sul modello scandinavo, i rappresentanti dei lavoratori devono entrare nei consigli di amministrazione; per quelle medie vanno bene i consigli di sorveglianza; mentre per quelle più piccole serve un forte diritto di informazione e di consultazione per tutti i lavoratori, per arrivare qui serve una cultura diversa, un nuovo terreno di incontro tra impresa e lavoro organizzato, guardare avanti insomma”.