«Il sindacato del futuro? Se non tutela i giovani è già morto»
Parla Marco Bentivogli, leader della Fim Cisl e autore del libro ”Abbiamo rovinato l’Italia?”: «I robot? Sono un’opportunità e non ruberanno il lavoro ai poveri. Reddito di cittadinanza? Le persone si sentono cittadine quando lavorano»
Francesco Cancellato
Che Marco Bentivogli, leader della Fim, i metalmeccanici della Cisl, fosse un sindacalista atipico, irregolare, era già abbastanza chiaro. Per la forte propensione a non farsi sconti nel contesto di una delle categorie più auto-indulgenti del pianeta. Ma anche, anzi soprattutto, per una lettura dei processi economici e sociali spesso diametralmente opposta a quella di troppi suoi colleghi: per dire, Bentivogli ritiene una favoletta quella dei “diritti acquisiti”, è a favore della meritocrazia, contro il reddito di cittadinanza e vede non solo i rischi ma le tante opportunità della quarta rivoluzione industriale, si batte per un vero patto intergenerazionale in discontinuità con quelli finti fatti fino ad oggi in cui i giovani sono sempre più poveri e «rischiano di essere rottamati senza nemmeno essere scesi in strada per un giro di pista».
«Abbiamo rovinato l’Italia?», appena uscito e già alla seconda ristampa, si chiede dalla copertina del suo ultimo libro, edito da Castelvecchi, di fatto una sorta di manifesto della sua idea di sindacato. Un sindacato da cui non si potrà prescindere, spiega, a patto che stia lontano da quella tecnostruttura «pigra, burocratica e reazionaria» che affligge una parte di esso. Perché è il sindacato l’unica forza in grado oggi di poter indirizzare i grandi processi di modernizzazione economica che oggi qualcuno chiama quarta rivoluzione industriale, qualcun altro industria 4.0: «In un momento così importante per il sindacato, in cui si parla di disintermediazione e di crisi, se non di vero e proprio declino della rappresentanza, ritengo sia un esercizio utile ripartire dalle persone, perché no, anche dai beceri luoghi comuni. Per ascoltare e capire la percezione del nostro ruolo. E se noi accendiamo il microfono in un bar, o in internet, che è il bar dei nostri tempi, il luogo comune è che “abbiamo rovinato l’Italia”. Ecco, io credo che la nostra vitalità si dimostri smentendo coi fatti, quei luoghi comuni. Non negandoli».
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