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Report 2° Congresso IndustriALL Global Union

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“A luta continúa”, e’ lo slogan scelto dal sindacato globale dell’industria per celebrare il suo secondo congresso mondiale nella città di Rio de Janeiro, in Brasile. IndustriALL e’ l’associazione dei lavoratori iscritti a sindacati liberi e democratici più grande del mondo. Organizza oltre 50 milioni di lavoratori in 140 paesi. La Fim-Cisl e’ il principale sindacato italiano affiliato per numero di iscritti. Gli altri 5 sono la Femca-Cisl, la Fiom e la Filctem della Cgil, la Uilm e la Uiltec della Uil. Dal giugno 2015 all’ottobre 2016 abbiamo rappresentato nel Comitato Esecutivo tutti i sindacati italiani. Incarico, questo, coperto a rotazione (16 mesi per ciascuna famiglia confederale).

Il sindacato globale dell’industria nasce nel 2012 con il primo congresso di fondazione a Copenhagen, in Danimarca. E’ il risultato dell’integrazione e fusione delle tre grandi federazioni industriali internazionali: la metalmeccanica; la chimica ed energia, il tessile e abbigliamento.

Uno degli obiettivi fondamentali di IndustriALL, attraverso la solidarietà e l’unità, e’ lottare per la creazione di una comunità internazionale nella quale tutti i lavoratori abbiano diritto ad un’equa retribuzione, frutto del loro lavoro. Dove si possano riequilibrare i poteri e condividere opportunità. Dove siano rispettati i diritti umani e civili (compresi quelli sindacali). Dove le persone abbiano diritto a vivere con dignità, in pace e senza ingiustizie e pregiudizi. Un lungo cammino, peraltro “contromano” rispetto alla direzione in cui sta andando il mondo.

Potrebbe – per il sindacalismo del XXI secolo – sembrare una “fatica di Sisifo” o solo un sogno! Ma l’utopia di un’umanità liberata dallo sfruttamento e dall’oppressione che – come l’orizzonte si allontana quanto più ci avviciniamo – serve, quantomeno, a farci camminare nella giusta direzione. E un congresso mondiale dei sindacati dell’industria, rappresenta per questo, un importante crocevia… Lo spazio in cui esercitare al meglio quell’arte dell’incontro”, di cui parlava il poeta e diplomatico brasiliano Vinícius de Moraes, autore insieme a Tom Jobim della canzone cult “Garota de Ipanema”.

La scelta di Rio de Janeiro – da questo punto di vista – si dimostra azzeccata. In nessun luogo risulterebbe semplice ospitare un congresso con oltre 1.500 persone (tra delegati e invitati) provenienti dai cinque continenti. Con lingue, culture e abitudini molto differenti. Eppure tutto fila liscio. L’organizzazione dell’evento eccellente. A prova degli oltre cento delegati giapponesi. Anche il tempo, nuvoloso e piovoso lungo tutta la settimana, sembra essere lì a smontare i luoghi comuni sulla città carioca, sommersa nel caos e baciata dal sole.

In attesa dell’avvio del congresso, molti gli incontri informali e il “lavoro di corridoio”. Si e’ arrivati alla vigilia con alcune questioni pendenti, non di poco conto. Composizione della nuova leadership, cambi statutari e peso delle donne negli organismi. E il lunedì 3 ottobre (nella mattina) si inizia con le riunioni del Comitato Donne e del Comitato Esecutivo, con il mandato di ricercare soluzioni condivise da tutti. Poi, nel pomeriggio del 3 e nella mattina del 4 ottobre, tocca riunirsi alle sei regioni in cui si articola il sindacato globale: Africa Sub-Sahariana, America Latina e Caraibi, Nord-America, Asia e Oceania, Europa e CSI, Medio-Oriente e Nord-Africa. Alla fine, non senza problemi e qualche tensione, prevale in ciascuna di queste riunioni, la disponibilità alla mediazione e la volontà di celebrare un Congresso unitario.
Ciascuna riunione regionale, per effetto dei cambi statutari, deve indicare un vice-presidente per IndustriALL Global Union e nominare due co-presidenti (una donna e un uomo) per la Regione. Come sindacati italiani proponiamo unitariamente che, oltre agli equilibri di genere e settore, sia necessario nel definire l’intera leadership di IndustriALL tener conto – nel caso di Europa e CSI – anche di equilibri sub-regionali. In questa ottica sosteniamo la candidatura a vice-presidente di Agustin Martin, segretario generale della Federazione Industria di CCOO, Spagna. Alla fine si trova un accordo con la Federazione dei sindacati nordici per una rotazione tra il candidato spagnolo in rappresentanza del Sud Europa e Anders Ferbe, leader del sindacato svedese IF Metall.

Nulla di scontato e per niente facile. La “ragione dei numeri” pesa – negli equilibri politici e organizzativi in Europa, sempre a favore dei sindacati nordici della regione scandinava. Presi uno per uno, nessuno dei sindacati delle regioni sud dell’Europa, conta qualcosa. Solo insieme siamo credibili e abbiamo la forza per sostenere le nostre posizioni. Come successo con la candidatura di Agustin, che in quanto proposta unitaria ha visto i sindacati tedeschi giocare un ruolo di mediazione. Un’altra lezione che dimostra quanto sia fondamentale mettere da parte divisioni per appartenenza e tendenza politica, se vogliamo come sindacalismo dell’area mediterranea avere voce in capitolo sul piano transnazionale.

Finalmente, i lavori congressuali si aprono nel tardo pomeriggio di martedì 4 ottobre, in un clima di grande attesa per l’intervento di Luis Inacio Lula da Silva. Non solo ex-presidente della Repubblica del Brasile. Lula e’ ancora il presidente onorario della Cnm-Cut e da operaio metalmeccanico e sindacalista ha fondato sia il PT (1980), sia la CUT (1983).

Con Marco Bentivogli e un gruppo ristretto di altri sindacalisti lo incontriamo, insieme a Luiz Dulci, nel pomeriggio alcune ore prima del congresso. Lula ci mette al corrente di quanto sta succedendo in Brasile, dopo il “golpe parlamentare” che ha destituito la presidente eletta Dilma Roussef. E ci racconta la violenta campagna di diffamazione nei suoi confronti. Non esitando, a raccomandare i dirigenti sindacali brasiliani di CUT e FS (Força Sindical) presenti, di sospendere qualsiasi richiesta di solidarietà rivolta ai sindacati di altri paesi, se si dimostrasse un suo, pur minimo, coinvolgimento in casi di corruzione.

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L’eccitazione nella sala del Congresso per l’arrivo di Lula e’ palpabile. Specie le numerose delegazioni dei sindacati brasiliani lo aspettano cantando e sventolando bandiere. Un boato lo accoglie, interrotto solo per l’avvio della cerimonia di apertura da parte di Berthold Huber, presidente uscente di IndustriALL. Siamo tutti piacevolmente colpiti dalla potente sequenza di immagini e colori, che esprimono le diversità culturali e ambientali del Brasile. L’effetto scenico degli schermi giganti disposti ad onda, lungo tutta la larghezza della sala, e’ straordinario. Cosi come l’irruzione in scena, con i loro ritmi afro-brasiliani, di percussionisti e ballerini. Lo spettacolo si conclude con il coinvolgimento, in questa performance musicale, dei ragazzi di una favela di Rio che, nell’ambito di un progetto sociale di cooperazione, hanno dato vita al gruppo “Afro Lata”.

A spettacolo concluso e’ compito di Berthold Huber rivolgere l’intervento di saluto ai congressisti, dare la parola ai presidenti dei sindacati brasiliani, Miguel Torres della CNTM Força Sindical e Paulo Cayres della CNM-CUT e, infine, a Lula per l’intervento conclusivo nel giorno di apertura.

Lula non nasconde una certa emozione nel prendere la parola davanti a migliaia di delegati sindacali provenienti da tutto il pianeta. Ricorda quando, a 24 anni, si e’ unito al movimento sindacale. Era il 1969, durante la dittatura militare in Brasile. Nel 1972 inizia come delegato di fabbrica e nel 1975 già assume la presidenza del sindacato dei metalmeccanici di São Bernardo do Campo. Nel 1980 e’ arrestato e cassato dai militari come presidente del suo sindacato per aver organizzato uno sciopero.

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“Perché dico questo? Perché la lotta continua. La lotta andrà avanti per molto tempo, se non facciamo attenzione […]. Quando ho partecipato al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre nel 2003, ho pronunciato un discorso dicendo che era possibile porre fine alla fame e che si doveva includere i poveri nel processo politico decisionale. Lo stesso discorso l’ho fatto al World Economic Forum di Davos, in Svizzera. […] Durante il mio governo lo abbiamo realizzato qui in Brasile. Abbiamo creato 22 milioni di nuovi posti di lavoro formali con contratti a tempo indeterminato. Abbiamo aumentato il salario minimo del 74%, al di sopra del tasso di inflazione […] Ho parlato con i leader di molti paesi poveri, specialmente in Africa, ho detto loro che questo è possibile. I poveri hanno bisogno di essere una priorità nei bilanci nazionali. […] Se i Governi dei paesi più ricchi avessero salvato i poveri nel modo in cui hanno salvato i banchieri, avremmo già posto fine alla fame nel mondo!
[…] Se invitassimo i lavoratori ad essere parte della soluzione, credo che si prenderebbero decisioni molto più sagge di quelle prese da molti economisti e accademici che gestiscono il mondo. […] Ma dovete prepararvi perché c’e’ ancora molta lotta davanti.
[…] Il lavoro precario e’ diventato una realtà. Significa un restringimento del potere d’acquisto. Significa non avere accesso alle pensioni. Significa molte difficoltà ad organizzare sindacati. […] Stavamo facendo un reale progresso in Brasile, creando buoni posti di lavoro, costruendo un’economia potente e sostenibile. Ma il golpe da parte della destra minaccia di disfare tutto questo” […].

Lula conclude il suo intervento, con una visione e un auspicio. “[…] Immaginate il cambiamento economico e sociale che si produrrebbe, se ciascun paese trasferisse un po’ del budget militare ai poveri! […] Abbiamo bisogno di riconquistare i vantaggi propri degli spazi democratici. Non solo in Brasile, ma nel mondo intero!”

Si riprende puntuali la mattina dopo (mercoledì 5 ottobre). Presieduto da Berthold Huber, si inizia con l’adozione dell’agenda dei lavori e dei documenti congressuali. In video-conferenza arrivano ai partecipanti i graditi saluti di Stefan Löfven, primo ministro svedese ed ex-presidente della IF Metall e di Senzeni Zokwana, ministro dell’agricoltura, foreste e pesca del Sudafrica ed ex-vice-presidente di IndustriALL.

Conclusi altri adempimenti congressuali, dalla relazione e approvazione del comitato verifica poteri alla votazione del comitato risoluzioni (di cui faccio parte in rappresentanza di tutto il Sud Europa), prende la parola il segretario generale uscente, Jyrki Raina per il rapporto del segretariato sui 4 anni trascorsi dopo il congresso di fondazione.

“[…] Sono seicento i sindacati di tutto il mondo che lavorano insieme in IndustriALL per assicurare ai lavoratori la copertura della contrattazione collettiva nei loro paesi. Sono molte le corporate multinazionali e i Governi anti-sindacali che stanno attaccando i diritti dei lavoratori. Per questo abbiamo bisogno di sindacati forti per difendere i diritti e migliorare le condizioni di lavoro e di vita. E, a questo fine, abbiamo organizzato altre centinaia di migliaia di lavoratori in tutto il mondo. Ma la densità sindacale è ancora troppo bassa. Solo il 7% dei lavoratori di tutto il mondo sono organizzati in sindacati liberi e democratici. Per far crescere la sindacalizzazione dobbiamo costruire una cultura organizzativa […].”

Jyrki alterna il suo intervento con alcuni video che celebrano i risultati dell’azione globale di IndustriALL. Jyrki parla di come il disastro del Rana Plaza in Bangladesh sia stato, nella sua immane tragedia, un catalizzatore sulle responsabilità sociali delle imprese e dei marchi in tutta la catena di sub-fornitura. IndustriALL e UNI hanno detto “basta” e si sono impegnate a “ripulire” le catene di approvvigionamento, in particolare nel settore tessile e abbigliamento. Il risultato è l’Accordo Bangladesh. L’accordo quadro globale (GFA) e’ ancora un work in progress, ma ha già costretto le aziende che detengono i marchi ad assumersi le proprie responsabilità riguardo gli standard di sicurezza nelle imprese sub-fornitrici.
Jyrki parla anche delle azioni messe in campo dai sindacati asiatici affiliati ad IndustriALL per aumentare i salari minimi e affrontare il lavoro precario. E il congresso applaude i colleghi indonesiani che in questi anni sono riusciti a conquistare un aumento del 100%.

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Ritornando sul tema degli accordi quadro globali e l’organizzazione delle reti sindacali nelle imprese multinazionali, Jyrki annuncia l’accordo sottoscritto alcuni giorni prima del congresso con l’azienda tedesca Tschibo. Ma non nasconde che l’attuazione di questi accordi non sempre va nella direzione attesa. Come nel caso di VW che, da azienda con l’esperienza più avanzata di negoziazione transnazionale in materia sociale e ambientale, sta ora minando i diritti sindacali a Chattanooga, nel sud degli Usa.

Nel concludere il suo intervento Jyrki enfatizza quanto fatto in questi anni. “[…] Abbiamo lanciato una nuova era nella solidarietà sindacale globale […]”, ma non nasconde la sua delusione per le troppe divisioni tra i sindacati. “[…] Abbiamo bisogno di più unità possibile per essere un contrappeso al potere del capitale. […] I lavoratori del mondo non hanno bisogno di 600 diversi sindacati. Il sindacalismo ha bisogno di unire le proprie forze per il bene dei lavoratori. Abbiamo bisogno di costruire una forte struttura sindacale dell’industria”.

Il rapporto integrale del segretariato e’ scaricabile al seguente link: secretariat-report-industriall-en

Jyrki lascia il sindacato globale dell’industria lasciando più rimpianti di quanto fossero stati gli entusiasmi al momento della sua sostituzione di Marcello Malentacchi (indimenticabile amico di tutti noi) alla guida della federazione internazionale dei metalmeccanici nel 2009 al congresso di Göteborg. La sua somiglianza con la rockstar Sting, la sua indole istrionesca e comunicativa lontana dalle consuetudini sindacali, ha trasmesso energie positive specie nei contesti (come nel continente asiatico) di nuova sindacalizzazione e di movimento (con lotte anche epiche), che vedono protagoniste due figure, le donne e i giovanissimi, sempre meno intercettate, invece, dal sindacalismo senile che prevale nella vecchia triade (Europa, Giappone e Usa), ma anche in Russia e dintorni. E Jyrki ha saputo esprimere bene questa necessità di sburocratizzazione, sapendo stare sia in mezzo la gente, sia nei social network.

Dopo Jyrki e’ la volta dei brevi rapporti da parte dei portavoce (Carol Landry per l’America del Nord, Koichi Asanuma per l’Asia e Pacifico, Tahar Berberi per il Medio-Oriente e Africa del Nord, Christine Olivier per l’Africa Sub-Sahariana, Tony Burke per l’Europa e CSI, Sergio Novais per l’America Latina e Caraibi) delle sei regioni in cui si articola il lavoro su scala globale di IndustriALL.

Nel frattempo altri saluti giungono al congresso in video-conferenza: Pablo Isla, AD della società spagnola Inditex (il più grande gruppo di abbigliamento al mondo) e Michelle Bachelet, presidente della Repubblica del Cile.

E’ la volta dell’intervento dell’inglese Guy Ryder, Direttore Generale ILO (l’organizzazione internazionale del lavoro) ed ex-segretario generale della CISL Internazionale. Guy Ryder ha il merito di aver traghettato il sindacato internazionale fondato, tra gli altri, da Giulio Pastore nel 1949, all’unificazione con la CMT, l’altra centrale sindacale mondiale di matrice cristiana.

“IndustriALL sta lavorando affinché il mondo sia più giusto e sicuro. 50 milioni di lavoratori dell’industria hanno trovato la forza di parlare con una sola voce. L’accordo quadro globale per il settore tessile-abbigliamento in Bangladesh e’ il maggiore risultato ottenuto da IndustriALL e UNI Global (la federazione dei servizi privati e del commercio), e ha fatto luce sugli eccessi di sfruttamento nelle catene globali di sub-fornitura. Ma ciò e’ solo l’inizio… […] Le circostanze economiche nelle quali si celebra questo congresso sono traumatiche per l’occupazione, specie tra i giovani. Per questo la campagna di IndustriALL per un’occupazione in un’industria sostenibile e’ tanto importante. Primo perché un posto di lavoro nell’industria crea altri impieghi nell’indotto. Secondo perché e’ solitamente dignitoso e regolare”. E l’accordo sulla lotta ai cambiamenti climatici, in questo senso, e’ più un’opportunità per l’industria, che una minaccia.
[…] Nelle nostre comunità stiamo assistendo ad una crescente disuguaglianza. Le tasse sono pagate dalle persone che lavorano, ma sono facoltative per i ricchi. […] La comunità internazionale ha provocato conflitti spaventosi e ora abbiamo 65 milioni di rifugiati e sfollati.
E nella crisi dei rifugiati il diritto internazionale è stato disatteso. Per questo mi congratulo per la vostra solidarietà con i rifugiati. […] La giustizia sociale è l’unica garanzia di pace.
[…] Abbiamo bisogno di opporci risolutamente a coloro che utilizzano il risentimento per diffondere l’odio, l’autoritarismo e la divisione. E’ la morte della democrazia e con essa e’ la fine dei diritti civili. Solo il movimento sindacale internazionale è decisamente in difesa della democrazia in ogni parte del mondo. […] Noi stiamo celebrando i 150 anni della Prima Internazionale, nata a Ginevra nel 1866 proprio vicino alla sede centrale di IndustriALL. Questo Congresso rappresenta l’ultima continuità con l’internazionale dei lavoratori. E come sostenevano i vecchi internazionalisti il futuro del lavoro deve essere deciso da noi, non per noi”.

Dopo l’intervento di Guy Ryder i lavori congressuali entrano nel vivo, sottoponendo a discussione e votazione gli emendamenti proposti allo Statuto. Tra i cambiamenti principali discussi e approvati:
• l’impegno ad assicurare nell’organizzazione le diversità di genere, etnia, età e orientamento sessuale; a garantire una rappresentazione minima del 40% alle donne negli organismi decisionali; a promuovere la partecipazione e l’iscrizione dei giovani lavoratori;
• la riforma delle quote di affiliazione per Gruppi di paese;
• una diversa composizione del Gruppo dirigente affiancando al presidente, sei vice-presidenti componenti il Comitato    Esecutivo (di 60 membri) in rappresentanza delle sei regioni con cui si articola IndustriALL;
• il superamento del Comitato Finanziario;
• la creazione per Statuto del Comitato Donne, formato da tutte le titolari e supplenti presenti nel Comitato Esecutivo, che eleggerà una presidente e vice-presidente;
• la nomina in ciascuna delle sei regioni di due co-presidenti (un uomo e una donna) con il compito di coordinare il lavoro regionale.

All’inizio dei lavori pomeridiani, e prima di riprendere la votazione sullo Statuto, interviene l’australiana Sharan Burrow, segretaria generale della ITUC (la confederazione internazionale dei sindacati), nata dalla fusione tra la CISL Internazionale e la CMT, a cui sono affiliate le confederazioni italiane CGIL, CISL e UIL.

“[…] Il modello economico globale si è rotto. I ricchi e i corrotti sono in movimento. E proprio qui in Brasile abbiamo un golpe, contro quanto realizzato dal nostro fratello Lula. […] La prima decisione del nuovo regime e’ stata strappare la legge per i lavoratori domestici. Questo la dice lunga su chi sono. I diritti delle donne povere non significano nulla per loro.
L’obiettivo e’ cancellare l’eredità di Lula, il lascito delle lotte sindacali.
Quale paese sarà il prossimo? Stiamo assistendo ad una crescente oppressione contro le persone che lavorano e ad una chiusura di spazio democratico in paesi come Turchia, Egitto, Corea del Sud e qui in Brasile.
[…] I diritti fondamentali sono sotto attacco. Le misure di austerità sono utilizzate per attaccare le condizioni sociali. Il mondo dei lavoratori è in forte difficoltà. Solo il 60% dei lavoratori sono nell’economia formale e la metà di loro sono precari. E anche tra i paesi più ricchi del mondo, come gli stati del Golfo Persico, assistiamo ad una crescita delle forme di schiavitù moderna.
[…] Nelle catene di sub-fornitura milioni di lavoratori non hanno alcuna possibilità di un lavoro dignitoso senza di noi. C’è una forza lavoro nascosta e senza diritti che costituisce il 90% dei lavoratori della catena del valore: dalla produzione alla logistica e alla distribuzione commerciale. È troppo per far finta di niente. L’ILO deve emanare una convenzione sulle catene di sub-fornitura riaffermando lo stato di diritto. […] In fatto di violazione dei diritti sindacali il caso della coreana Samsung e’ tra i peggiori. E rischia di essere il modello di riferimento: tecnologie moderne e condizioni medievali […]”.

Dopo l’intervento della Burrow si prosegue sullo Statuto. E la discussione affronta il “tema più caldo” e controverso: quello della rappresentanza delle donne negli organismi.

Sono le sindacaliste scandinave Marie Nilsson della Svezia e Solfrid Horne-Musgo della Norvegia trascinano la discussione. Contestano che i sindacati sono sempre stati dominati dagli uomini e affermano che solo aumentando la partecipazione delle donne si può raggiungere la parità. E chiedono di introdurre sanzioni nei confronti dei sindacati che non accrescono la rappresentanza femminile. Anche l’austriaca Monika Kemperle, segretaria generale aggiunta uscente di IndustriALL lancia un accorato appello al congresso:

“[…] I sindacati hanno bisogno di un volto femminile. E’ una questione di credibilità come organizzazione. Abbiamo fissato un obiettivo non vincolante di rappresentanza del 40% delle donne entro il 2020. Per favore, fateci raggiungere questo obiettivo”.

Votati e approvati tutti gli emendamenti proposti allo Statuto, sulla scena irrompono in modo imprevisto i giovani del congresso, con musica, canzoni e molto colore… Accogliendoli sul palco Jyrki Raina rassicura i delegati che i giovani sono il presente e il futuro del movimento sindacale. Per questo i sindacati devono lasciargli spazio affinché possano crescere come futuri leader.

E dopo che i giovani del congresso lasciano la scena e’ il momento dell’elezione del nuovo gruppo dirigente, sulla base della proposta unitaria del Comitato Esecutivo.

Per il ruolo di presidente il candidato unico e’ Jorg Hofmann, presidente della tedesca IG Metall. Il Congresso vota in suo favore all’unanimità. Non sarà facile per lui sostituire nel ruolo il suo “padre putativo” Berthold Huber, prestigioso e autorevole, capace e riconosciuto leader sindacale, non solo in Germania, ma nel mondo.

Al nuovo presidente eletto si affiancano, secondo le modifiche apportate allo Statuto, i sei vice-presidenti nominati dalle sei regioni con cui si articola IndustriALL Global Union:
1. il sudafricano Issa Aremu – Africa Sub-Sahariana
2. la canadese Carol Landry – Nord America
3. il tunisino Tahar Berberi – Medio Oriente e Nord Africa
4. il giapponese Yasunobu Aihara – Asia e Oceano Pacifico
5. l’argentino Raúl Mathiu – America Latina e Caraibi
6. lo svedese Anders Ferbe – Europa e Csi (tra due anni lo spagnolo Agustin Martin)

Il nuovo segretario generale eletto, in sostituzione di Jyrki Raina e’ il nostro carissimo amico brasiliano Valter Sanches, della CNM-CUT. E’ la prima volta nella storia del sindacalismo industriale internazionale che questo ruolo e’ coperto da una persona non europea proveniente dal Sud del mondo.

I delegati votano anche la proposta inerente i tre segretari generali aggiunti che per il prossimo mandato congressuale sono:
• il norvegese Atle He
• l’australiana Jenny Holdcroft
• il turco Kemal Özkan

La seconda giornata del congresso si chiude con il saluto del presidente Hofmann e dei delegati nei confronti delle persone che lasciano il loro incarico in IndustriALL, come il brasiliano Fernando Lopes e l’austriaca Monika Kemperle.

Giovedi 6 ottobre terzo giorno del congresso. C’e’ da discutere il piano d’azione: action-plan-2016-2020-industriall-global-union-congress-rio-de-janeiro-4-7-october-2016-english.

Si delimitano rigidamente i tempi degli interventi a 3 minuti, in considerazione del numero di richieste d’intervento. La discussione si sviluppa per blocchi in base alle 5 priorità del piano d’azione, secondo questo ordine:
• costruire sindacati più forti
• promuovere politiche industriali sostenibili
• difendere i diritti dei lavoratori
• confrontarsi con il capitale globale
• lottare contro il lavoro precario

Attraverso un impressionante video si da’ il via alla discussione sul primo obiettivo strategico di IndustriALL: “Costruire sindacati più forti”. Nel primo intervento la brasiliana Mônica Veloso dei metalmeccanici di Força Sindical, eletta presidente del Comitato Donne e, quindi, co-presidente di IndustriALL, sottolinea come l’obiettivo di accrescere la rappresentanza femminile nei sindacati fino al 40% entro il 2020, e la questione di genere, non deve essere vissuto come un problema, ma al contrario come una politica organizzativa per aumentare il tasso di sindacalizzazione e costruire sindacati più forti.

Dopo Monica prende la parola il presidente del sindacato indiano SMEFI che, anche grazie alla campagna di IndustriALL e alla solidarietà internazionale (tra cui quella di FIM e ISCOS) e’ riuscito a organizzare i lavoratori del settore di demolizione navale. Il settore al mondo con il più alto rischio di morti e incidenti invalidanti. Subito dopo Benedicta Mamakalo interviene sull’industria tessile nel piccolo paese africano del Lesotho. “Abbiamo 5 diversi sindacati che organizzano 40.000 lavoratori. Grazie all’appoggio di IndustriALL, i tre sindacati più grandi hanno cominciato a lavorare insieme. E siamo riusciti ad estendere il diritto alla maternità da una a quattro settimane”.

Il sindacalista indiano Sanjay Vadhavkar ha sostenuto l’importanza della cooperazione sindacale regionale. I sindacati del settore auto dell’India hanno la necessità di unirsi a quelli della Corea del Sud e del Giappone. Necessità che e’ stata ribadita anche dal sindacalista canadese Renoud Gagne. Gratien Hounsinou del Benin ha sostenuto l’importanza d’includere i giovani e le donne nel movimento sindacale per essere più forti. Rocco Palombella della UILM italiana ha parlato dell’importanza di unire i lavoratori dei diversi settori industriali per lottare contro il lavoro precario, come condizione per costruire sindacati più forti. Salma Lahlali del Marocco ha evidenziato la difficoltà di organizzare i lavoratori in Nord Africa e Medio-Oriente a causa della repressione da parte dei Governi e delle guerre in corso.

Il secondo obiettivo strategico di IndustriALL e’ quello di “Promuovere politiche industriali sostenibili”. Interviene per prima la colombiana Claudia Blanco che afferma con convinzione che “[…] i sindacati devono esigere una transizione giusta. Abbiamo il dovere di difendere l’ambiente. Siamo coscienti che in un pianeta morto non esistono posti di lavoro”“[…] il futuro sta nelle nostre mani e l’azione di oggi influirà nel futuro delle nostre famiglie. Insieme possiamo trasformare le nostre industrie”, sostiene Ultika Johannson. Il giovane sindacalista austriaco Sascha Ernszt sottolinea l’importanza della formazione continua e degli investimenti che gli Stati e le imprese devono destinare all’educazione. “[…] Nell’ambito delle misure contro i cambiamenti climatici l’industria navale deve assicurare una transizione sostenibile, con ambienti di lavoro salubri e sicuri”, afferma il giapponese Satoshi Kudoh.

Un grande globo terrestre appare negli schermi giganti del congresso e, poco a poco, si trasforma nel logo e nei colori (rosso e nero) di IndustriALL. In questo modo comincia il terzo blocco del piano d’azione, inerente la promozione della solidarietà globale per “Difendere i diritti dei lavoratori”.

Prima degli interventi dei delegati sul palco si alternano le testimonianze di casi concreti di solidarietà transnazionale tra sindacati di due paesi diversi. La prima coppia a salire sul palco e’ Michele O’Neil del sindacato australiano del settore e abbigliamento e SQ Zama dello Sri Lanka. Raccontano l’esperienza nell’impresa australiana Ansell in Sri Lanka, dove i 300 lavoratori licenziati sono tornati al lavoro, grazie all’azione di solidarietà messa in campo dal sindacato australiano, che ha convinto il management a riconoscere e negoziare con il sindacato cingalese. ”La solidarietà non si ferma alle frontiere nazionali. Se attaccano uno, ci attaccano a tutti!”, esclama O´Neil.

E’ il turno di mostrare la solidarietà realizzata tra i sindacati tessili del Bangladesh e Giappone. Nazma Akter della Federazione bengalese Sommilito ricorda che quando i lavoratori del Gruppo Donglian si iscrissero al loro sindacato, ci fu una reazione violenta antisindacale da parte dell’impresa. I leader sindacali furono picchiati, minacciati di morte e costretti a lasciare l’azienda. Attraverso IndustriALL hanno chiesto aiuto al sindacato tessile giapponese. E Masaru Furukawa ha raccontato i passi che come sindacato giapponese hanno fatto con il management centrale del Gruppo, affinché fossero rispettati le norme del lavoro inerenti la libertà di associazione e al diritto alla contrattazione collettiva. Alla fine si e’ arrivati a un accordo tra il sindacato bengalese e l’azienda e gli attivisti sindacali a febbraio di quest’anno sono tornati al lavoro.

La mappa del mondo ha continuato a girare mostrando la solidarietà transnazionale tra sindacati di diversi paesi, attraverso immagini e foto delle campagne realizzate. E una alla volta si sono alternate sul palco le coppie di sindacalisti del Sudafrica e Zimbabwe, della Svezia e Corea del Sud, del Belgio e Spagna, degli Stati Uniti e Brasile.

Ray Curry, del sindacato americano UAW racconta la storia dei lavoratori dello stabilimento della Nissan in Canton, Mississippi. Da dieci anni si battono per organizzarsi nel sindacato e la campagna internazionale di solidarietà in corso e’ per loro fondamentale. E Miguel Torres, del sindacato brasiliano CNTM-FS ha illustrato tutte le azioni di sostegno messe in campo in Brasile a sostegno dei lavoratori americani di Nissan.

Alla fine tutti gli oratori salgono sul palco alzando una lettera fino a formare il messaggio forte e chiaro di questo congresso:”A luta continua!”

Iniziano gli interventi su questa sezione dei delegati in rappresentanza dei propri sindacati (ben 24), tra cui i segretari generali della FILCTEM-CGIL, Emilio Miceli e della UILTEC-UIL, Paolo Pirani.

La ultima sezione della giornata “Confrontarsi con il capitale globale” inizia proiettando nei maxi-schermi i logo di diverse aziende, i cui lavoratori hanno pessime condizioni o i loro diritti non sono rispettati.

Il primo intervento e’ del sindacalista argentino, Raúl Mathiu che sottolinea quanto sia importante la creazione delle reti sindacali globali per far si che le imprese multinazionali rispettino i diritti dei lavoratori dappertutto. Dopo di lui sono intervenuti il sindacalista indonesiano Enung Yani Suryani Rukman e il sudafricano Vuyisana Konzani rafforzando l’importanza della lotta unitaria. E’ il turno del tedesco Benjamin Gruschka, di Maurizio Landini della FIOM-CGIL, della sindacalista indonesiana Elly Rolista Silaban e dell’inglese John Sorey. Tutti gli oratori, tra cui Landini, risaltano l’importanza dei contratti collettivi di lavoro per tutelare e rappresentare gli interessi dei lavoratori nelle imprese multinazionali, cosi come la negoziazione degli Accordi Quadro Globali (GFAs) e la costruzione di sindacati forti. Il brasiliano Everaldo dos Santos enfatizza come i GFAs e le reti sindacali globali nelle imprese multinazionali sono i migliori strumenti per combattere il lavoro precario e il non rispetto dei diritti fondamentali nelle catene di sub-fornitura.

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Prende la parola il segretario generale della FIM-CISL, Marco Bentivogli che spiega, nel suo intervento, come nelle principali vertenze aziendali vissute in prima persona in Italia o nelle prospettive di diversi settori industriali gli interessi dei lavoratori (come le soluzioni) non sono nazionali, ma globali. Un approccio nazionalista del sindacalismo e’ miope. Per questa ragione ciascuno dei nostri sindacati deve supportare l’organizzazione e l’azione delle reti sindacali globali nelle imprese multinazionali, come stiamo facendo – citando solo quelle a casa madre italiana – in Tenaris-Ternium, in FCA e CNH Industrial, in Finmeccanica-Leonardo, in ST Microelectronics, in Whirlpool…

Dopo Bentivogli interviene Ben Davis, responsabile internazionale degli steelworkers (USW) di Canada e Usa che enfatizza come sia necessario un effettivo dialogo sociale tra capitale e lavoro (che in Nord America e’ spesso negato da pratiche antisindacali delle imprese) per sottoscrivere accordi collettivi nell’industria e dare piena attuazione ai GFAs.

A tirare le fila della discussione e’ Jenny Holdcroft, nuova segretaria generale aggiunta di IndustriALL. La sua conclusione e’ che non abbiamo altra strada per vincere che sfidare e affrontare il potere delle imprese multinazionali…con gli strumenti che ci siamo dati. “[…] L’idea della responsabilità sociale delle imprese, come scelta unilaterale delle Corporate e’ miseramente crollata con il Rana Plaza. E per gli innumerevoli casi di violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori. Abbiamo bisogno di imbrigliare lo strapotere delle multinazionali e di accordi commerciali che assicurino i diritti sociali e ambientali. Abbiamo bisogno di utensili sindacali come i GFAs e, per arrivare ad accordi quadro con le imprese, dobbiamo migliorare la nostra capacità di negoziazione e il potere dei sindacati […]”.

Si arriva all’ultimo giorno del Congresso. Resta da discutere dell’ultimo obiettivo strategico di IndustriALL indicato nel piano d’azione: “Lottare contro il lavoro precario”. Venerdì 7 ottobre e’ anche – da molti anni – la data promossa da tutto il sindacalismo globale a favore del lavoro dignitoso. Per testimoniare la vicinanza del Congresso con le centinaia di iniziative che si stanno svolgendo in tutto il mondo, i brasiliani di Força Sindical entrano di sorpresa in sala con bandiere e striscioni gridando slogan. Nel contempo un video interattivo trasmette (grazie alla differenza di fuso orario) le immagini delle azioni che i sindacati in diversi paesi del mondo hanno realizzato lo stesso giorno… E’ la volta del gruppo giovani che organizzano una catena umana fino al palco, cantando “A luta continúa”.

E’ ora il turno dei molti oratori che devono prendere la parola sull’ultimo punto del piano d’azione. Lana Payne del sindacato canadese UNIFOR. Diop Ousmane del sindacato senegalese. Said Iqbal del sindacato indonesiano. Igor Díaz López del sindacato colombiano. Le sindacaliste brasiliane Maria del Carmo e Lucineide Varjão.

Alfons De Potter del sindacato belga ricorda, nel suo intervento, come in molti paesi del sud del mondo solo il 10% dei lavoratori sono coperti dalla contrattazione collettiva e, quindi, e’ difficile avere un lavoro dignitoso…E questa condizione si sta espandendo anche nei paesi del nord del mondo. I numerosi oratori si susseguono. Gennadi Fedynitch del sindacato della Bielorussia. Mohumad Reeaz Chuttoo della Repubblica di Mauricio. Mayra Jiménez della Repubblica Dominicana che descrive l’incidenza del lavoro precario e informale in America Centrale. Inoltre, in Guatemala e in Honduras i lavoratori, oltre la precarietà, devono affrontare il rischio di subire violenze recandosi o tornando dal lavoro.
L’indonesiana Nikasi Ginting ha raccontato che grazie a IndustriALL il movimento sindacale del suo paese ha lanciato una forte campagna contro la pratica del lavoro precario. “[…] In un solo anno abbiamo organizzato 8mila giovani lavoratori contrattati”. Il sindacalista del Marocco Mustafa El Fallouhi e Sarika Bhosle dell’India hanno parlato delle difficoltà ad organizzare i lavoratori precari, vulnerabili e separati dai lavoratori permanenti.

Marcia Viana del sindacato tessile brasiliano della CUT ha sostenuto l’importanza di negoziare clausole nei contratti collettivi che limitino l’esternalizzazione del lavoro, principale fattore di diffusione della precarietà. Mentre Seyni, sindacalista senegalese, ha testimoniato che nel suo paese il 70% dei lavoratori e’ occupato nel settore informale. Senza protezione sociale, copertura sanitaria e previdenziale. Grazie al progetto sul lavoro precario di IndustriALL sono riusciti a organizzare 1.200 lavoratori che hanno conseguito sindacalmente sicurezza sociale e altri benefici.

Il sindacalista tunisino Habib Hzami ha spiegato l’importanza che ha assunto il settore tessile e abbigliamento nel suo paese, con oltre 200mila occupati, in maggioranza donne; mentre Margaret Ndagile della Tanzania ha sottolineato come grazie a IndustriALL oggi il Governo fiscalizza il rispetto delle leggi nelle imprese. Gilson Ricardo Dos Santos Batista del Brasile lancia un appello a una maggiore unità d’azione tra i diversi sindacati per combattere il lavoro precario. John Shinn, sindacalista americano di USW, denuncia come negli Stati Uniti molte imprese utilizzino fino all’80% di lavoratori delle agenzie interinali per impedire la sindacalizzazione dell’azienda. E Horacio Fuentes del Cile spiega come il lavoro precario ha molte facce. Sindacati deboli e frammentati per azienda finiscono per assecondare le logiche iper-liberiste. Ad esempio nel settore minerario bel il 68% della forza-lavoro e’ sub-contrattata e la media di infortuni mortali e’ di una persona al giorno.

La sindacalista cambogiana Sony Say ha denunciato le violazioni dei diritti dei lavoratori nel proprio paese e la strategia delle imprese, che lavorano per i grandi marchi europei e americani di abbigliamento e retail, di assumere solo a tempo determinato per impedire la sindacalizzazione. Ma con il supporto di IndustriALL “A luta continua”. Quamruzzama Syed sindacalista del settore minerario in India, ha ricordato che paradossalmente il maggiore imprenditore che in India utilizza il lavoro precario e’ il proprio Governo.

Milene Rodrigues del sindacato brasiliano CNTM-FS, ha focalizzato il suo intervento sulla salute e sicurezza sul lavoro. Un recente studio in Brasile dimostra che l’assenza di un approccio ergonomico nelle fabbriche sia la causa di molti disturbi muscolo-scheletrici e di lesioni professionali dovuti a movimenti ripetitivi. Inoltre, aumentano i fattori di rischio emozionali e mentali, che in alcuni casi portano i lavoratori al suicidio. I sindacati hanno il dovere di farsi carico di questi problemi tramite la contrattazione collettiva. Anche perché le persone con ridotte capacità lavorative sono spesso discriminati. Yuyi Sikananu dello Zambia ha raccontato che senza la costruzione di un sindacato forte non sarebbero stati capaci di esercitare una pressione verso il proprio Governo affinché cambiasse la legge sul lavoro precario. Joao Batista Da Silva Xavier brasiliano della CUT ha denunciato come il nuovo Governo stia cercando di peggiorare la legislazione del lavoro. Mentre Raja Sekhar Mantri dell’India ha evidenziato che grazie al progetto di IndustriALL ora hanno più iscritti e hanno potuto sindacalizzare anche i lavoratori precari. Ultimo intervento quello di Mónica Veloso, del sindacato brasiliano CNTM-FS “Il lavoro precario e’ la riduzione dei benefici sociali e la marginalizzazione delle persone. E’ il lavoro non remunerato delle donne. Mentre il lavoro dignitoso e’ parte fondamentale delle relazioni di lavoro. […] Il lavoro precario non assicura in America Latina un salario degno, condizioni di salute e sicurezza e il diritto ad appartenere a un sindacato. Ma ora siamo in presenza di un regresso politico, che peggiorerà le leggi del lavoro e aumenterà la precarietà. Contro ciò dobbiamo lottare”.

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Il nuovo segretario generale, Valter Sanches nel concludere la discussione sul lavoro precario, informa su un grave infortunio sul lavoro accaduto in Brasile in un altoforno siderurgico, come paradigma delle condizioni di precarietà con le quali si lavora negli interventi di manutenzione degli impianti. “[…] Tutti i nostri punti del piano di azione si intrecciano. Non si può lottare contro il lavoro precario senza costruire sindacati più forti, senza confrontarsi con il capitale globale sull’insieme delle catene di sub-fornitura, e senza la solidarietà necessaria a difendere i diritti dei lavoratori […]”. Finalmente il nuovo presidente di IndustriALL Jorg Hofmann mette ai voti il Piano d’Azione 2016-2020 che e’ approvato all’unanimità!

Con un cambio nella presidenza del Congresso inizia l’ultima istanza della giornata: la discussione e approvazione delle risoluzioni congressuali. Tocca a Claudia Rahman, della tedesca IG Metall e presidente del Comitato Risoluzioni introdurre la Risoluzione Politica e le sei mozioni di emergenza presentate su Corea del Sud, Volkswagen, Ford, Carlton y United Breweries, Colombia e Brasile.

Sulla risoluzione politica intervengono il danese Clause Jensen, sul punto specifico inerente i trattati di libero commercio; il russo Ivan Mokhnachuk sul problema dei rifugiati; l’italiana Nora Garofalo, della FEMCA-CISL “Nella regione mediterranea milioni di rifugiati fuggono dal Nord Africa e dal Medio-Oriente. Tutti i sindacati qui presenti hanno il dovere di lavorare insieme per creare condizioni di pace e buoni posti di lavoro per i migranti. E’ anche una nostra responsabilità. La solidarietà e la giustizia sociale sono nostri valori fondamentali. La lotta continua!”. Il belga Brahim Hilami sull’impegno verso le multinazionali affinché attuino di forma socialmente responsabile in tutta la catena di sub-fornitura. Il giapponese Asanuma Koichi sui trattati di libero commercio e il lavoro dignitoso. Il canadese Kenn Neumann sull’importanza degli Accordi Quadro Globali e sull’inclusione del diritto alla contrattazione collettiva. Infine il messicano Napoleón Gómez: “[…] Durante dieci anni abbiamo subito terribili persecuzioni in Messico. Siamo stati testimoni della repressione massiva contro i lavoratori. Molti attivisti sindacali sono stati assassinati. Ma lavorando duro siamo riusciti a sindacalizzare oltre 20mila lavoratori in più. Siamo stati capaci, con la solidarietà internazionale, a liberare tutti i sindacalisti incarcerati. […] Il movimento sindacale soffre costanti attacchi in America Latina e in molte altre parti del mondo. I prossimi 4 anni saranno difficili, ma con il coraggio, la passione e l’impegno andremo avanti nella difesa dei diritti dei lavoratori. La lotta continua!”

La Risoluzione Politica e’ approvata: political-resolution-24-6-2016-industriall-global-union-congress-rio-de-janeiro-4-7-october-2016-english.

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Si passa alla presentazione e votazione delle Mozioni di emergenza. La prima riguarda la Corea del Sud, per la quale prendono la parola i sindacalisti Sang Gu del KMWU e Dong Jin de KNEWU: “Il Governo non sta garantendo pienamente la libertà di associazione sindacale e il diritto alla contrattazione collettiva. Al contrario sta reprimendo i lavoratori” . Sono più di 20 i dirigenti e attivisti sindacali che ora si trovano in prigione, tra questi 7 dirigenti confederali del KCTU tra cui il presidente Han Sang-gyun, il vice presidente del KPTU Cho, Sung-deok e il presidente del  KPCWU Lee, Jong-hwa.

Prima di approvare la risoluzione tutti i delegati del Congresso si sono legati in testa una fascia rossa (nero il retro) con scritto in coreano “unità nella lotta”, attuando un suggestivo flash mob di solidarietà.

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La seconda mozione riguarda la Volkswagen, nello specifico a Chattanooga negli Usa. Per illustrarla prende la parola Rainer Santi della UAW. L’azienda non sta rispettando il proprio Accordo Quadro Globale e la stessa legislazione del lavoro americana. A sostegno della mozione intervengono il brasiliano Gilson Ricardo Dos Santos Batista della CNM-CUT, l’americano Owen Hernnstadt dei machinist, il britannico Tony Burke di UNITE e l’australiano Andrew Dettmer di AMWU. La mozione e’ approvata.

Anche la terza mozione, illustrata dall’australiana Anne Donnellen, riguardante la chiusura dello stabilimento Ford in Australia con conseguenze devastanti sull’occupazione di migliaia di lavoratori e sul futuro delle loro famiglie e della comunità locale, e’ approvata all’unanimità.

La quarta mozione presentata da Andrew Dettmer, sindacalista australiano, e’ inerente la solidarietà e il sostegno al boicottaggio dei prodotti del birrificio Carlton-United in Australia. E’ approvata all’unanimità.

La quinta mozione, anche questa approvata unanimemente, riguarda il sostegno al processo di pace in Colombia da parte del sindacalismo colombiano e internazionale, nonostante l’esito negativo del plebiscito del 2 ottobre.

L’ultima mozione presentata e sottoposta a votazione nel Congresso si riferisce alla situazione politica del Brasile e alle conseguenze che il golpe sta avendo anche sull’agenda economico e sociale del Governo. Presentata da Lucineide Varjão e da João Paulo Da Cunha Costo raccoglie il consenso unanime dei congressisti.

Alle 13.30 il presidente eletto di IndustriALL, Jorg Hofmann chiude ufficialmente il secondo Congresso ringraziando sia i delegati che, con il loro impegno, lo hanno particolarmente animato, sia i sindacati affiliati per aver assunto l’impegno ad attuare un piano d’azione finalizzato a fare di IndustriALL un reale contrappeso al potere del capitalismo globale. Ringrazia, infine, i sindacati brasiliani affiliati per l’ottima organizzazione e il supporto dato ai lavori del Congresso.

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