Le scuole tecniche? Più importante formarsi durante la carriera – La Stampa 22 agosto
Le scuole tecniche? Più importante formarsi durante la carriera
Intervista a Marco Bentivogli Segretario generale Fim Cisl
“La Stampa”, 22 agosto 2017
di Alessandro Barbera
Da leader dei metalmeccanici Cisl Marco Bentivogli ha firmato un contratto collettivo per il diritto alla formazione. «Il taglio delle tasse ai più giovani è importante, ma ricordo anche che la legge Treu del 1996 prevedeva l’introduzione di un libretto per la certificazione dei corsi seguiti in azienda. Quella norma è rimasta lettera morta».
Favorevole a rafforzare gli incentivi per i più giovani?
«Senza dubbio sì. Siamo di fronte ad una povertà generazionale da combattere con ogni mezzo. Nella gran parte dei Paesi europei l’incentivo all’ingresso c’è ed è strutturale. E poi serve uno shock affinché il gigantesco stock di risparmio sia spinto verso un nuovo spirito di frontiera imprenditoriale. Ad un certo punto però occorrerà un riordino complessivo degli incentivi: fra superammortamenti, iperammortamenti, sgravi per le assunzioni e crediti d’imposta sulla formazione incrementale si rischia la giungla».
Si dice spesso che il gap di occupazione giovanile fra Italia e Germania è nella qualità della loro formazione tecnica. Nei piani del governo c’è quello di spingere l’aumento di quella domanda di istruzione. È una soluzione?
«Il punto non è aumentare il numero di studenti tecnici. In Italia fatichiamo a incrociare formazione scolastica e specialistica. L’errore è aver creato binari paralleli che non si incrociano: da un lato la formazione scientifica, dall’altra quella classica. Non è detto che un filosofo non sia spendibile in un’azienda tecnologica, anzi. Dobbiamo costruire le condizioni perché l’istruzione dia strumenti spendibili nella vita lavorativa. Visitando decine di imprese ho capito che solo una buona formazione di base si trasforma in una buona competenza tecnica. Per questo credo molto nell’apprendistato».
L’anno scorso è cresciuto del 27 per cento. Non è un buon risultato? E poi non c’è il rischio di schiacciare le retribuzioni?
«In termini assoluti si tratta di 48mila persone: obiettivamente troppo poche. Per quanto riguarda le retribuzioni: un apprendista tedesco inizia con stipendi più bassi dei nostri, ma sa che grazie a quella esperienza maturerà un credito formativo che vale quanto una nostra laurea breve».
È un problema di valore legale?
«Al contrario. Le statistiche dicono che oggi nella vita di ciascuno di noi ci sono almeno sette aziende: questo significa che la formazione deve essere contemplata dentro a qualunque rapporto di lavoro. Certificare un corso di analisi dei dati o da manutentore di macchine a intelligenza artificiale deve valere come un titolo di studio».
L’alternanza scuola lavoro è un passo avanti?
«Ma certo che sì! Leggo di precariato, sfruttamento. Siamo seri: scuola e aziende finalmente iniziano a parlarsi. Con tutte le sue imperfezioni è una esperienza da estendere».
Meglio allargare lo sgravio fiscale per le assunzioni agli under 29 o fino a 32-35 anni?
«Sarebbe meglio concentrarsi sugli under 29, ma c’è ancora un serio problema di età dei laureati».
Il taglio dei contributi previdenziali non rischia di ridurre l’ammontare delle pensioni?
«Le simulazioni non dicono questo. Ciò detto, se c’è un rischio da combattere è quello della disoccupazione di lunga durata. Il numero di giovani scoraggiati è drammatico».