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IN MEMORIA DI LAPO BERTI

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IN MEMORIA DI LAPO BERTI

 di Rosario Iaccarino, Bruno Liverani

 

Martedì 12 dicembre 2017: per ricordare Lapo Berti, che ci ha lasciato all’età di 77 anni all’alba del 2 dicembre, dopo un drammatico ricovero in ospedale, un gruppo di amici si è riunito nella cappella del Cimitero acattolico di Roma: un luogo discreto e affascinante, nel quale vive la memoria di importanti figure del passato che vi hanno trovato sepoltura (Antonio Gramsci, i poeti John Keats e Percy Shelley, Emilio Lussu, Carlo Emilio Gadda, Miriam Mafai…). Un luogo del tutto in armonia con la personalità laica, discreta e affascinante di Lapo.

Formatosi all’Università di Firenze, Lapo Berti ha svolto un’intensa attività intellettuale con collettivi, gruppi di lavoro, università. Ha insegnato alle università della Calabria e Orientale di Napoli. Ha partecipato al seminario sulla moneta animato da Augusto Graziani insieme – tra gli altri – a Marcello Messori e Roberto Convenevole. Ha collaborato con il Consorzio AASTER di Aldo Bonomi. Ha anche portato il suo contributo al Centro di Formazione della Cisl di Taranto, diretto da Bruno Manghi. Dal 1993 al 2010 ha operato come dirigente nell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato (Antitrust).

 

“Una ricerca socialmente orientata”. Si può sintetizzare così, con le sue stesse parole, quello che è stato il percorso umano, professionale, culturale, accademico di Lapo Berti, un grande economista e, insieme, un vero intellettuale militante. Ma “sui generis”. La sua formazione marxiana non divenne mai un recinto ideologico da cui guardare e incasellare il mondo, piuttosto, avendo scelto come baricentro della sua “ricerca sociale” le lotte operaie e studentesche, considerò sempre indispensabile cogliere, per individuarne le vie di superamento, i nessi reali che generavano il conflitto sociale, in particolare quello tra capitale e lavoro. Tale positiva inquietudine lo portò a lasciare, negli anni ’70, le riviste “Quaderni Rossi”, prima, e “Classe Operaia”, poi, per approdare (con Sergio Bologna e Christian Marazzi) a “Primo Maggio”, dove Berti si distinse per i preziosi studi sulla questione della “Moneta”, che diventò una sorta di paradigma della sua critica al marxismo e a certo intellettualismo conformista di sinistra.

In una sua recente intervista, Berti sottolineava in proposito come: “il mantenimento della teoria del valore-lavoro come architrave della interpretazione marxiana del sistema capitalistico, impediva di comprendere l’essenza e la funzione centrale della moneta nel capitalismo attuale. L’impostazione marxiana, nonostante alcune brillanti intuizioni, rimaneva ancora all’idea della moneta-merce, strettamente intrecciata alla teoria del valore-lavoro. Noi ci ponemmo il problema di elaborare una visione più ampia e più avanzata che riuscisse a tenere insieme l’istanza critica rappresentata dalla teoria del valore-lavoro con la nuova, seppur embrionale, interpretazione dei fattori monetari che noi consideravamo parte integrante e caratteristica del sistema capitalistico. Urgeva la necessità di dotarsi di strumenti di analisi adeguati, anche se rozzi, per comprendere la nuova realtà del capitalismo e dotare i movimenti sociali di una conoscenza capace di tradursi in azione”.

Ma il mercato, per così dire, a partire dalla “reaganomics”, si è preso nel tempo una serie di rivincite. Anche se sarà il mercato stesso a pagare le conseguenze (subita peraltro da milioni di persone ridotte alla disoccupazione e alla povertà) della crisi economico-finanziaria internazionale partita nel 2006 dagli Stati Uniti. Nello stesso anno, frutto di una instancabile ricerca, Berti dà alle stampe un volume dal sapore profetico, dal titolo “Il mercato oltre le ideologie” (L. Berti, Il mercato oltre le ideologie, Università Bocconi Editore, 2006).

C’è un leitmotiv di fondo nei suoi scritti, una sorta di continuum che accompagna nel tempo il suo pensiero, una bussola solida e mai dismessa: la compatibilità tra economia e società, tra libertà e uguaglianza. Berti mostra lucidamente nei suoi scritti, prima ancora che scoppiasse la crisi, il fallimento del pensiero neo-liberale: senza l’interesse pubblico, senza lo stato – scrive – non sopravvive neanche il mercato. Pone quindi il tema urgente – in un contesto ormai post-liberale – di definire una “costituzione economica”, ossia “il regime delle libertà e dei controlli in campo economico in modo da rendere l’esercizio del potere economico compatibile con i valori depositati nella costituzione politica”.

C’è tuttavia anche un rovescio “patologico” della medaglia nel rapporto tra stato e mercato, e Berti lo denuncia senza mezzi termini. Fu proprio ad un convegno della Fim, organizzato nel febbraio del 2004 sul tema: “Economia, risalire il declino”, che invitato come dirigente dell’Antitrust, propone una diagnosi spietata, causa dell’incapacità di crescere del paese, sia del capitalismo nostrano, ammalato di rendita e allergico alla concorrenza, sia di uno stato garante di posizioni monopolistiche: “nel nostro paese – dirà Berti ai dirigenti della Fim – la cultura della concorrenza non ha mai goduto di buona stampa. Se andiamo a scorrere la storia del pensiero economico, si contano sulle dita di una mano gli economisti italiani che hanno affrontato le problematiche della concorrenza. Non è mai esistita, se non con rare eccezioni una cultura economica, giuridica, politica della concorrenza”.

Laicità, rigore intellettuale, competenza, passione civile. Questa è la grande eredità metodologica, oltre alla ricerca e agli studi, che ci lascia Lapo Berti, economista raffinato e uomo colto e mite, appassionato della giustizia sociale. Due suoi ultimi contributi vanno ancora in questa direzione.

Il primo: è un bellissimo testo sul rapporto tra economia e felicità (La felicità perduta. Economia e ricerca del benessere, LUISS University Press, Roma 2010) che pone una domanda cruciale, e cioè cosa oggi possa dare senso alla vita individuale e collettiva, ossia di cosa hanno bisogno la persona e la comunità per vivere bene: “questo significa, in primo luogo – scrive Berti – verificare lo stato della coesione sociale e stabilire quali obiettivi sia necessario porre ai sistemi politici ed economici affinché il loro modus operandi non produca gli effetti disgreganti che sono sotto gli occhi di tutti”.

Il secondo: l’introduzione alla pubblicazione italiana del volume del giudice americano L. Brandeis, che fu consigliere del Presidente Wilson, sull’uso distorto della finanza (Louis Dembitz BrandeisOther People’s Money and How the Bankers Use It, Frederick A. Stokes Company, New York 1914, trad. it. di Rossella Rossini, con un’introduzione di Lapo Berti, I soldi degli altri e come i banchieri li usano, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 2015). Il volume propone una critica radicale alla concentrazione del potere economico e finanziario nelle mani di pochi.

La Fim in occasione dell’uscita del libro ne volle fare un’occasione formativa per i suoi dirigenti impegnati nel Corso lungo (COD) al Romitorio di Amelia. Con la solita cortesia e amicizia, Lapo accolse con entusiasmo l’invito e dialogò fino a tarda sera con i sindacalisti Fim, ai quali lanciò un monito che suona anche come una responsabilità da assumere: “quando i pochi si sostituiscono ai più nel governo dell’economia si profilano tempi bui. Il declino economico è figlio anche di queste storture. Nel mondo d’oggi tutto questo è prevalentemente il frutto di una crescita del potere economico al di fuori di qualsiasi quadro di regole, di qualsiasi forma di controllo. Ma, come ci ricorda l’efficace libretto di Brandeis, non è questione che nasce oggi. E quando un ammonimento, un grido di allarme, viene reiterato nell’arco di un secolo senza che nessuno se ne preoccupi, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nei meccanismi di auto-regolazione della società. Il tempo per porvi rimedio sta ormai per scadere”. Grazie Lapo!

 

OPERE DI LAPO BERTI

 

(con Andrea Fumagalli)

L’ANTI-EUROPA DELLE MONETE

Manifestolibri, 1993

Ancora una volta si è tentato di affidare all’economia, e in particolare agli strumenti monetari, il compito di trainare l’unificazione europea. Ma l’entità della posta in gioco ha messo allo scoperto, per contraccolpo, l’intrinseca debolezza del progetto: l’assenza di una vera mobilitazione sociale, politica, culturale intorno all’idea di Europa. Con l’economia soltanto non si farà l’Europa. Ma le sfide economiche vanno capite e controllate.

 

AFFARI DI FINE SECOLO

Le privatizzazioni in Italia

Ediesse, 1998

 

IL MERCATO IN UNA PROSPETTIVA POST-LIBERALE

  1. 28 (dicembre 2002) del semestrale della Fondazione Basso “Parole Chiave”, dedicato al tema “Mercato”, pp. 27-48.

Il saggio entra nel merito delle origini del concetto di libero mercato come motore di progresso in un percorso lungo, complesso e spesso contraddittorio. Tra gli interrogativi che oggi si pongono con particolare urgenza si impone la domanda su fino a che punto l’attuale concentrazione economica sia compatibile con la democrazia.

Nello stesso numero del semestrale, insieme a Marcello Messori e Andrea Pezzoli, Berti affronta il tema “Una politica per la concorrenza” (pp. 219-240).

 

DALLA RENDITA ALLA CONCORRENZA

“Lettera Fim” 2-3/2004, pp. 44-49.

Intervento nel corso di un seminario della Fim Cisl del 16-17 febbraio 2004, dedicato alla crisi economica italiana, sotto il titolo “Economia. Risalire il declino”, i cui contributi sono stati pubblicati nel n. 2-3/2004 di “Lettera Fim”, bimestrale (http://www.fim-cisl.it/storia/memoria-della-fim/lettera-fim/anno-2004/, cliccare sul n. 2-3).

IL MERCATO DOPO IL LIBERALISMO

La sfida del nuovo riformismo

Editori Riuniti, 2005

Il rapporto fra la società e le attività economiche mercantili e capitalistiche è sempre stato conflittuale. Di fronte alle crescenti difficoltà che la soluzione liberale incontra verso i problemi e le sfide della globalizzazione, occorre tornare a pensare le condizioni di un nuovo compromesso fra stato e mercato, fra democrazia e capitalismo.

IL MERCATO OLTRE LE IDEOLOGIE

Università Bocconi Editore, 2006

Una proposta pacata e ben argomentata per superare le trappole ideologiche in cui si cade ogni volta che si affronta il tema del mercato. La tesi di fondo è che bisogna individuare, all’interno di una cornice economica condivisa ed esplicita, le condizioni perché Stato e mercato siano democraticamente complementari, al fine di trovare una soluzione praticabile nel rapporto con il potere economico.

 

(con Andrea Pezzoli)

LE STAGIONI DELL’ANTITRUST

Dalla tutela della concorrenza alla tutela del consumatore.

Università Bocconi Editore, 2010

Oggi tutti, o quasi, auspicano l’introduzione di un maggior grado di concorrenza nel nostro sistema economico. Come mai, allora, non si riesce a fare le liberalizzazioni? Come mai la tutela e la promozione della concorrenza incontrano tane resistenze? In che misura l’assenza di una politica per il loro superamento rischia di riflettersi sulle stesse istituzioni deputate alla tutela e alla promozione della concorrenza, fino a cambiarne la natura? Sono questi gli interrogativi cui il libro cerca di dare una risposta, con una ricostruzione delle fasi attraverso cui è passato il progetto di introdurre nel nostro paese una disciplina antitrust efficace e rigorosa.

LA FELICITÀ PERDUTA

Economia e ricerca del benessere

Luiss University Press, 2010

Il tema della ricerca della felicità mette alla prova tutte le nostre conoscenze disciplinari. Attento in particolare alle implicazioni del tema dal punto di vista economico, l’autore risponde con linguaggio semplice a quesiti complessi come quelli legati al significato da attribuire alla parola “felicità”. Un testo scritto con un linguaggio a un tempo appassionato e accessibile, un significativo contributo alla ricerca sul tema.

 

(con Marcello Messori)

IL LIBERALISMO E GLI ECONOMISTI ITALIANI

(dalla rivista “Paradoxa” 1/2012)

Il liberismo rimane imprigionato entro un’ideologia del mercato come «meccanismo» e della concorrenza come forza indipendente dai comportamenti degli attori economici; e ciò impedisce di disegnare strategie efficaci per l’abbattimento delle rendite e dei privilegi. La crescente interazione e integrazione fra sistemi economici nazionali e fra aree economiche locali pone il problema di come creare un assetto che sia in grado di trasformare anche i mercati globali in istituzioni.

INTRODUZIONE a Louis D. Brandeis ISOLDI DEGLI ALTRI E COME I BANCCHIERI LI USANO

Edizioni di Storia e Letteratura, 2014

Bersaglio della polemica di L. D. Brandeis, avvocato statunitense di circa 100 anni fa che fu consigliere del presidente Wilson, è l’oligarchia finanziaria, e in particolare la figura del banchiere d’investimento, deus ex machina di un sistema nel quale un ristretto gruppo di persone è in grado di controllare e dirigere ogni cosa nell’interesse di pochi. “Non è difficile – scrive Berti – ritrovare nell’analisi di Brandeis motivi e problemi che ancora incombono sul nostro presente. La questione della concentrazione del potere economico e della sua capacità di controllare e condizionare pressoché tutti gli aspetti della vita sociale, a partire dalla politica, è la grande questione irrisolta che il secolo XX ci ha lasciato in eredità e che oggi sta esplodendo, mettendo a rischio quel che resta dei nostri sistemi democratici”.

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