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Bentivogli: “Il vero argine del divario è il digitale, non i sussidi” – Il Mattino 28 aprile 2018

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“Il vero argine del divario è il digitale, non i sussidi”

Bentivogli (Fim Cisl): impresa 4.0 il Sud acceleri

Il Mattino,  28 aprile 2018

 

Partiamo da Industria 4.0: resta evidente il ritardo del Sud o qualcosa è migliorata negli ultimi tempi?

“Il Piano Industria 4.0-dice Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim Cisl- segna una discontinuità positiva nel campo delle politiche pubbliche per l’industria, dopo lunghi anni di assenza o inefficacia. Tuttavia sappiamo che ha aspetti da migliorare, l’impatto nelle Pmi per esempio, e che solo il 7% delle imprese meridionali ha beneficiato degli incentivi previsti non solo pe il Sud, ma per l’insieme del Paese e per la sua competitività. A frenare gli investimenti concorrono alcuni elementi-strutturali minori livelli di innovatività, più bassa diffusione delle tecnologie ICT e/o assimilabili, frammentazione dei servizi di mercato-ma anche, forse soprattutto, la ridotta dimensione delle imprese. E anche la qualità della pubblica amministrazione. C’è quindi il concreto rischio che i 23 miliardi di incentivi previsti da Industria 4.0 vengano assorbiti in larga parte dalle imprese del Centro-Nord; il che finirebbe per aumentare anziché ridurre il divario economico e sociale tra Sud ed il resto del paese. Insomma il Belpaese resta-poco sorprendentemente-una realtà a due velocità. Il contributo degli investimenti in beni 4.0 al Pil sarà infatti dello 0.2% nel Centro Nord e dello 0.03% al Sud”.

Il divario, sempre più inevitabile?

“Le cause sono sempre le stesse. La verità è che il sistema degli incintivi premia una realtà, come quella dell’Italia settentrionale, che può già contare su una struttura manifatturiera forte, radicata e spesso già avanti nella terza rivoluzione industriale. Per questo ritengo che accanto alle misure previste dal “Piano Industria 4.0”, ne vadano previste altre in grado di accrescere le dimensioni assolute del sistema industriale”.

La dimensione dello sviluppo digitale sembra stridere con la condizione di povertà e disagio sociale di larga parte del Sud che il voto del 4 marzo ha in qualsiasi modo evidenziato. Che ne pensa?

“Il digitale porta con sé grandi opportunità, sarà una rivoluzione prima di tutta culturale e di senso, bisogna però evitare che il Sud replichi ritardi e inefficienze già evidenziate per le infrastrutture analogiche. La letture del voto è molto complessa. Direi che il digitale è una grande opportunità per ridurre i dualismi. Accanto ai problemi di oggi, influiscono in misura rilevante fattori storici e culturali. Da una parte c’è la richiesta forte di cambiamento, dall’altra il consenso è andato in prevalenza a chi ha proposto ricette semplicistiche come reddito di cittadinanza. Più che una nuova ondata di finanziamenti a pioggia servirebbero invece manifestazioni come il Salone del mobile e Vinitaly: chi ha detto che le eccellenze sono solo al Nord?”.

D’accordo, e allora?

“E allora il Sud va liberato dalla morsa della malavita organizzata e dalle inefficienze, ma va liberato attraverso il lavoro, non attraverso l’elargizione di sussidi. In realtà gli esempi virtuosi non mancano. Ne voglio ricordare due: Nco in Campania o Goel e De Masi in Calabria in mezzo a migliaia di campioni di legalità e sostenibilità. Il voto ha evidenziato che in gran parte del Sud il Pd è in mano a califfati peronisti che hanno schiacciato tutte le forze più fresche e innovative in campo”.

Il caso Facebook, la sensazione che la globalizzazione non abbia garantito la sicurezza personale: il digitale senza controlli non è un’incognita anche per le imprese?

“Tirare in balle la globalizzazione sul caso di Cambridge Analytica mi sembra un azzardo. La globalizzazione porta con sé squilibri e diseguaglianze, è vero, ma non dimentichiamo che nei Paesi in via di sviluppo ha contributo a togliere dalla povertà milioni di persone. Facebook è uno spazio virtuale privato che fa i soldi grazie ai dati, dati che noi “gli regaliamo” quando postiamo le nostre foto, i nostri commenti…spesso ce ne dimentichiamo. Il Cambridge Analytica ha fatto venire alla luce l’aspetto meno conosciuto dell’uso che queste società fanno dei dati, quello legato alle tecniche di psicometria: bastano 70 like per arrivare a conoscerci come un genitore o un amico stretto. Il riflesso sulla politica di questo potere è ovviamente preoccupante. C’è una proposta, di un copernicano come me, Stefano Quintarelli, studiata più all’estero che in Italia e riguarda la portabilità dei propri dati. Partiamo da lì”.

Intanto tra poco entrerà in vigore il nuovo regolamento europeo della privacy: servirà?

“Servirà se le persone saranno informate e realmente consapevoli dell’importanza dei loro dati. Quanti, ad esempio, sanno che possono attraverso Spid registrare la propria identità digitale e accedere in maniera sicura ad importanti servizi della Pubblica amministrazione? Il nuovo regolamento europeo sulla privacy introduce interessanti novità. Ma credo che su questi temi serva un forte investimento educativo e informativo. Essere consapevoli dell’importanza dei dati è fondamentale anche per la qualità della nostra democrazia. Le regole, da sol, non bastano. Siamo difronte a un nuovo balzo in avanti dell’umanità, sta a noi individuare e combattere i rischi e estendere a tutti le opportunità, che sono infinite”.

Torniamo al voto del 4 marzo. La strada di riforme importanti sarà bloccata o rivista? E ci dev’essere un ministro del Mezzogiorno?

“Alla fine bisognerà fare i conti con la realtà. Non è solo necessario, direi che è urgente. Siamo reduci da una campagna elettorale che è stata scandita da due slogan nefasti; abolire tutto e promettere tutto. Ritengo invece che qualsiasi sia il prossimo governo dovremo continuare sulla strada delle riforme, correggendone i difetti e consolidando la fase di ripresa che il Paese ha imboccato. Un ministro per il Mezzogiorno, sinceramente, non serve. Servono politiche integrate tra nord e sud. Abbiamo visto che uno stato pesante, con una Pa gigantesca è più inefficace per le imprese industriali delle aree del Paese con organici più ridotti. La riscossa del Sud parte dal sud, dove ci sono imprese e mondi vitali formidabili. Puntiamo i fari su di loro perché si moltiplichino come si è fatto a Cagliari alla settimana sociale dei cattolici”.

Ma se l’impresa 4.0 offre lavoro qualificato che la scuola soprattutto l’Università non sembrano in grado di soddisfare, che succederà?

“La scuola e, in generale, il sistema formativo nel nostro Paese sono scollati dalla realtà. Il World Economic Forum ci dice che il 65% dei bambini che oggi vanno a scuola, una volta diplomati o laureati svolgeranno dei lavori che ancora non esistono. Scuole e Università devono dialogare con il mondo del lavoro e i centri d’eccellenza. Bisogna anticipare il cambiamento in atto. Con l’ultimo contratto dei metalmeccanici abbiamo portato a casa il diritto soggettivo alla formazione: 8 ore l’anno sono ancora poche, bisogna fare di più, ma è un segnale. Investire sulla formazione e, aggiungo, sulla ricerca significa investire sul nostro futuro e su quello dei nostri figli. Se tutto il Paese parla solo di pensioni e migranti rischiamo di distrarci mentre il treno passa veloce”.

 

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