“Non dobbiamo temere la tecnologia il problema è che ne abbiamo poca” – Giornale di Brescia 17 ottobre 2018
“Non dobbiamo temere la tecnologia il problema è che ne abbiamo poca”
“Alcuni lavoratori moriranno ma ne nasceranno altri” Bentivogli (segretario Fim) parla fuori dal coro
di Paola Gregorio – Giornale di Brescia, 17 ottobre 2018
Marco Bentivogli è il segretario generale della Fim, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl. Sindacalista di parole chiare, ben scandite, in molti casi fuori dal coro. Di industria 4.0 si occupa dal 2014. E anche in questa intervista, in ci lo interpelliamo sul lavoro 4.0, il suo presente, il suo futuro, prospettive, problematiche, tra mestieri che rischiano di scomparire e nuovi che nascono, Bentivogli non lesina considerazioni sorprendenti se parametrate con la tradizionale vulgata sindacale.
Segretario Bentivogli, lei ha detto che in Italia c’è eccesso di tecnofobia, di eccessiva paura che la tecnologia possa rubare il lavoro agli operai.
“L’Italia, anche all’estero è considerata un Paese timoroso, esitante. Non si colgono mai le novità con l’approccio giusto. Rispetto alla rivoluzione digitale, i dati dicono che certo spariranno alcune tipologie di lavoro ma entro un intervallo di tempo se ne creeranno altre. La sfida è aperta. Dipende da noi, dal fatto che il Paese si sia o meno attrezzato nel modo giusto in anticipo, quanto questo intervallo durerà.
E l’Italia è attrezzata per questa rivoluzione digitale?
“L’intervallo tra la sparizione di alcuni posti di lavoro e la creazione di altri nuovi, come ho detto, è tanto più breve quanto ci si è preparati, per tempo, a questa rivoluzione. All’Italia manca ancora una grande capacità progettuale su l fronte delle nuove infrastrutture industriali, sociali ed economiche. E l’altro asset fondamentale è quello delle competenze, della formazione. Secondo l’indagine di Federmeccanica il 42% delle imprese del settore dichiara di non trovare lavoratori con gli skill che servono. E questo significa che non ci si è preparati a sufficienza”.
Quando lei si riferisce ad infrastrutture industriali ed economiche ancora mancanti che cosa intende?
“Innanzitutto la cosiddetta fabbrica 4.0 non si costruisce a spicchi ma deve stare dentro un disegno complessivo della fabbrica. E queste aziende “digitali” saranno tanto più efficaci quanto più avranno un ecosistema 4.0 attorno. Le infrastrutture non sono solo la banda larga, ma ad esempio i competence center di industriy 4.0, definiti dal Ministero dello Sviluppo Economico (quando il ministro era Carlo Calenda, ndr.) che vedono al lavoro assieme università, centri di ricerca e imprese, la pubblica amministrazione, l’energia, i trasporti, il credito, tutto va integrato in un’architettura intelligente e sostenibile”.
Lei ha parlato della difficoltà delle imprese a trovare lavoratori con competenze specifiche. Ma come si colma questa distanza tra domanda e offerta?
“Bisogna riallineare il disallineamento tra la professionalità cercate e formate che è una delle maggiori cause di disoccupazione giovanile. L’alternanza scuola-lavoro obbligatoria andrebbe implementata, le statistiche ci dicono che i circa novemila studenti dell’Its trovano lavoro a tempo indeterminato dopo un anno dalla conclusione di questi studi. Ma in Germania gli studenti Its sono 800mila. Quindi in Italia è un percorso di studi che va rafforzato”.
Lei sostiene che non è la tecnologia a creare disoccupazione ma semmai è l’assenza di tecnologia a distruggere i posti di lavoro. Resta tuttavia il problema dei lavoratori senior che hanno necessità di essere aggiornati.
“In Italia è la carenza di tecnologia che ha distrutto i posti di lavoro. Non il contrario. L’occupazione aumenta quando c’è la tecnologia, perché cresce la produttività. Corea del sud e Giappone sono Paesi ad alto tasso di tecnologia eppure la disoccupazione è bassa. Discorso analogo per la Germania. Come Fim-Cisl abbiamo fatto più di un accordo per il rientro di produzioni che erano state delocalizzate, grazie all’aggiornamento tecnologico”.
E per quanto riguarda l’aggiornamento dei lavoratori senior più a rischio con la digitalizzazione del lavoro?
“Per i lavoratori già esperti è indispensabile un percorso di riqualificazione delle competenze, portato avanti in primis dalle imprese. E anche i sindacati devono lavorare su questo fronte: strategie aziendali, innovazione e competenze devono marciare insieme”. La riqualificazione di chi già lavora da anni è un aspetto decisivo per sindacato e aziende.