Ripartire dalla partecipazione per uscire dalla crisi
di Marco Bentivogli
La violenta pandemia del covid_19 ha portato con sé morte e dolore. Certo, non avremmo mai voluto fare i conti con un dramma di queste dimensioni, ma occorre prendere contezza di quanto questa epidemia sia diventata un acceleratore di quelle trasformazioni con le quali avremmo dovuto fare, prima o poi, i conti. Il lavoro e le fabbriche sono il terreno dove questo impatto si sta mostrando con maggiore evidenza, sia sul piano delle pesanti ricadute che sta avendo il post-covid in termini di crisi economica, sia sul piano dell’accelerazione dei cambiamenti tecnologici ma anche dell’organizzazione del lavoro e delle relazioni industriali. L’elaborazione dei protocolli per la sicurezza durante la crisi – ma anche dell’organizzazione dello smart-working – ha rappresentato un’occasione in cui il ruolo del sindacato è stato fondamentale e ha concretamente dimostrato quando sia importante e strategica, per il lavoro e le imprese, avere un modello partecipativo.
Di fatto, quello sulla partecipazione dei lavoratori in Italia è un discorso aperto da tempo, interrotto e ripreso più volte senza arrivare a esiti certi, che ha mostrato i suoi benefici soprattutto nelle situazioni di crisi, in cui la resilienza operaia è più ostinata e forte della realtà riuscendo a rianimare, o comunque a ridare speranza, a fabbriche date per morte. E’ successo, ad esempio, alla ex Alcoa di Portovesme, nel Sulcis, dove, pur restando delle incertezze sul futuro, l’intesa sottoscritta lo scorso anno con Sider Alloys ha scongiurato la chiusura definitiva dell’impresa. Fu un accordo innovativo per l’avanzamento del valore della partecipazione, declinata attraverso un azionariato dei lavoratori della Sider Alloys di Portovesme, con cui ogni lavoratore può aderire a titolo gratuito e senza rischi, a un’associazione appositamente costituita che detiene il 5% del capitale societario col diritto di designare nel Comitato di sorveglianza un rappresentante che parteciperà alle scelte strategiche dell’impresa. Anche l’accordo sindacale, raggiunto lo scorso 10 giugno nel Consiglio di sorveglianza alla Wanbao, ex-stabilimento Zanussi oggi gruppo ACC, che occupa 350 lavoratori a Mel di Borgo, a pochi chilometri da Belluno, prende le mosse da una crisi industriale.
L’azienda, infatti, ha dovuto fare i conti con la proprietà cinese che ne aveva deciso la chiusura dopo aver rilevato il sito nel 2014. Grazie all’intervento sindacale il governo ha avviato la procedura concorsuale di amministrazione straordinaria nominando come commissario straordinario Maurizio Castro, con un passato da capo delle relazioni industriali del gruppo Electrolux-Zanussi, che nel giro di poche settimane ha riallacciato i rapporti con i clienti implementando la produzione di 1,7 milioni di motori nel 2020 e 1,9 il prossimo anno. Questo piano ha già portato a una ventina di assunzioni per pianificare un terzo turno notturno.
Da qui la decisione del Consiglio di sorveglianza, che ha visto la presenza di numerose istituzioni, tra cui il Ministro per i rapporti con il Parlamento D’Incà, l’Assessore al Lavoro della Regione Veneto Donazzan, il Sindaco di Borgo Valbelluna e il Presidente della Provincia di Belluno: in questa sede è avvenuto l’incontro tra il Commissario Straordinario, la Confindustria Belluno, le Segreterie territoriali di Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil e le Rsu dello stabilimento bellunese, che ha portato al raggiungimento di un accordo interessante sul fronte della partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale. Un’intesa che pone al primo punto l’articolo 46 della Costituzione , “laddove riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende”. Ugualmente significativo, al punto due, è l’impegno a una costante cooperazione basata su un’informazione e una consultazione “aperte e leali finalizzate alla continuità industriale e occupazionale e al rafforzamento competitivo dello stabilimento durante la procedura di amministrazione straordinaria, fra l’organo di gestione della procedura , le organizzazioni e le rappresentanze sindacali, l’associazione datoriale e gli enti e le istituzioni del territorio”.
È un accordo unico nel suo genere che valorizza l’Italia migliore, quella “a prescindere”, che si rimbocca le maniche e mette a sistema tutti gli attori “dell’ecosistema fabbrica” a partire dai lavoratori e dal territorio: due fattori chiave che trovano dentro l’intesa una loro sostanza nel CO.I.CO.PER (Comitato Industriale Permanente), un organismo paritetico composto da rappresentanti designati dal Commissario, due designati da ACC, tre designati dalle organizzazioni sindacali a livello territoriale e aziendale.
Un accordo a cui guardare con molto interesse: ci troviamo davanti a una crisi spaventosa che ci costringerà a immaginare soluzioni inedite per tenere insieme lavoro, industria e cambiamenti tecnologici. La crisi ci ha già costretto a ripensare le cose su molti fronti e ad accorciare le nostre catene di fornitura globali. Serve un salto in avanti che ci faccia recuperare i ritardi sul terreno della partecipazione, sempre più strategica anche a fronte dei grandi cambiamenti epocali che dovremo affrontare .