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Settimana sociale a prova d’acciaio

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Avvenire 21 ottobre 2021 – di Roberto Benaglia 

Tenere la 49° edizione delle Settimane Sociali della Cei a Taranto in tema di ambiente, lavoro e futuro è un grande atto di coraggio che deve diventare una occasione imperdibile per rendere integrato e nuovo il rapporto tra industria, occupazione e sostenibilità.

La frattura che la pandemia ha provocato nella gestione delle economie ha accelerato la centralità della transizione ecologica dell’economia europea. Il programma comunitario Fit for 55 e le stesse missioni del PNRR stanno dettando un programma di conversione produttiva che provoca vertigini nel mondo dell’acciaio, auto, termomeccanica. E’ una sfida che non si può rinviare, né serve invocare le responsabilità maggiori degli altri continenti per la decarbonizzazione del pianeta. 

Il sindacato dei metalmeccanici crede che vada archiviato lo storico contrasto tra produzione e ambiente. Produrre acciaio in modo sostenibile è già una realtà nei grandi paesi europei. Sull’ex-Ilva si sono giocate troppe speculazioni, rinvii, gestioni sbagliate. Ma se si vuole essere classe dirigente non c’è più tempo per cinismo e disillusione. 

Le Settimane sociali si tengono proprio mentre sul futuro del polo siderurgico si continua a tenere lavoratori, cittadini, tutta la filiera con il fiato sospeso. La vertenza ex-Ilva sarà il primo grande banco di prova dell’industria decarbonizzata per il Paese. Governo e amministratori stanno rivedendo i piani industriali per rafforzarne la sostenibilità ambientale. Facciano presto. 

Il sindacato non si ritrae a questa sfida, chiede solo parole chiare. La morale che porteremo nel dibattito delle Settimane sociali è per noi centrale: l’economia ambientalmente sostenibile sia socialmente sostenibile. Altrimenti non funzionerà e diventerà la benzina per il populismo degli anni ’20. Se il Governo metterà 2 miliardi per produrre in qualche anno acciaio verde con prima forni elettrici e poi idrogeno, servirà anche un “fondo sociale per la decarbonizzazione” che finanzi la transizione per i lavoratori coinvolti. Non chiediamo più cassa integrazione per lavoratori che ne stanno facendo fin troppa. Chiediamo che per ogni euro speso in tecnologie ambientali (che spesso richiedono meno occupazione) se ne spenda uno per sostenere chi lavora. Chiediamo che tutti i lavoratori che da Taranto in poi saranno colpiti dalle riconversioni produttive in nome della sostenibilità siano inseriti in piani di garanzia occupazionale, di nuovi investimenti, di diversa distribuzione degli orari e di politiche attive capaci di fornire tutele, reddito e sicurezza sociale a ciascuno di loro.

Il sindacato è consapevole che serve un rinnovato patto con la città per affrontare il futuro del polo siderurgico. Il governo ha molte responsabilità su questo piano. Ma solo se su Taranto si torna a investire in lavoro sarà possibile superare la dura prova che la storia delle nostre comunità e dell’economia ci sta sottoponendo. Rilanciare e accompagnare la produzione di acciaio a Taranto verso la sua piena sostenibilità è non solo possibile ma indispensabile. Definiamo bene le condizioni, non sprechiamo le risorse. Non sarà una passeggiata, ma è uno sforzo che verrà ripagato se sapremo dare risposte ai bisogni di cittadini e lavoratori non più in contrasto tra loro.