Il nostro no allo sciopero generale. Nella manovra ci sono passi avanti.
l’Eco di Bergamo 13 dicembre 2021 – di Franco Cattaneo
intervista a : Roberto Benaglia Segretario generale Fim Cisl
L?talia afferma in quest’intervista Roberto Benaglia, leader dei metalmeccanici Fim Cisl – Ha bisogno di modernizzazione: il Pnrr la realizza e il sindacato non può essere del ‘900, ma deve far vincere il modello partecipativo. Dobbiamo andare avanti e non stare fermi.
Segretario, perché dissentite dallo sciopero generale di Cgil e Uil?
Ho fatto le assemblee in fabbrica in questi giorni e gli operai mi hanno detto due cose. La prima: perché dobbiamo scioperare quando per la prima volta dopo 10 anni, avremmo in busta paga 200-300 euro netti in più all’anno? Non sarà l’Eldorado, ma cominciamo a vedere scendere le tasse sul lavoro. La seconda: perché non si scioperava ai tempi del Governo Conte, che nemmeno riceveva i sindacati? Adesso almeno qualche miglioramento si vede. La nostra gente ha i piedi per terra. Il sindacato, nell’interpretare il malessere sociale, deve dare risposte innovative. La ripartenza economica e la ripresa della coesione sociale vanno sostenute. La legge di Bilancio è un’occasione da non perdere con scioperi tesi a dire che tutto va male.
Una manovra in chiaro scuro?
Con il governo Draghi non ci sono stati né patto sociale né concertazione, tuttavia abbiamo presentato una piattaforma unitaria che ha prodotto risultati. Pensare di chiudere la partita buttando tutto all’aria rischia di non valorizzare il buono fatto. Parliamo pur sempre di una manovra espansiva, che introduce tutele sul lavoro e stabilisce un primo intervento sulle tasse, mettendo un po’ di soldi nelle tasche degli operai. Intendiamoci: c’è tanta strada da fare. Mi aspettavo maggiore capacità riformatrice da parte del governo. Ad esempio: sulle pensioni serviva più coraggio, così come servivano scelte ambiziose sui temi del lavoro, in particolare delle politiche attive in un Paese che ha fame di lavoratori con competenze. Detto questo è necessario continuare il dialogo.
Però sul fronte lavoro ci sono altre novità
Il Sindacato è di fronte a scelte determinanti, perché il cambio di fase post-pandemia ci riguarda da vicino. Il tema che fa la differenza è questo: il lavoro sta subendo processi trasformativi e noi come leggiamo questa rivoluzione, in che termini intendiamo tutelarlo e rilanciarlo? Lo sciopero ha offuscato la contemporanea notizia del primo accordo sullo smartworking che dà peso alla contrattazione collettiva. Una rivoluzione copernicana: il lavoro agile non sarà più collegato all’orario di lavoro e il sindacato deve cambiare approccio, darsi una strategia unitaria e innovativa. E ancora: il governo italiano, sempre in questi giorni, ha recepito le line Ue per cui dal 2035 non si produrranno più auto benzina e di diesel. Per noi metalmeccanici significa che tutto l’automotive, molto forte nella Bergamasca, è dentro il frullatore di una rivoluzione nel senso che 60mila posti di lavoro su 260 mila saranno a rischio. E noi cosa facciamo? Chiediamo gli ammortizzatori o invece, come stiamo proponendo, puntiamo su un Fondo sociale per la decarbonizzazione green socialmente sostenibile?
Restano in campo due modelli di sindacato?
Si, in campo ci sono due modelli di sindacato. Io sono per il pluralismo sindacale, una grande risorsa. Aggiungo però che l’unità si può costruire solo in un contesto riformatore. Come metalmeccanici abbiamo alle spalle percorsi separati come dimostrano i casi di Stellantis, Piaggio, leonardo. Ritengo che il messaggio comunicativo dello sciopero del 16 rischia di passare come opzione politica destinata a non incidere il giorno dopo. Questo sciopero non nasce da motivi puramente sindacali. Noi comunque crediamo che dopo questa vicenda si possa continuare insieme ma, dalle pensioni alle politiche attive, dovremmo scegliere tutti fra un’azione riformista o massimalista.
Qual è il senso della vostra manifestazione del 18, cioè due giorni dopo lo sciopero di Cgil e Uil?
Non intende essere contro o alternativa a quella del 16. Scendendo in piazza per andare avanti nel 2022 su nuove priorità: delocalizzazioni, lavoro ai giovani, formazione e competenze per i lavoratori, diritti nelle transizioni lavorative. Chiusa la legge di Bilancio , è necessario riaprire il confronto con il governo sulle tante partite aperte