Alberto Tridente: a dieci anni dalla scomparsa, l’attualità di un metalmeccanico instancabile realizzatore di favole
Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Alberto Tridente, una figura “mitica” della nostra organizzazione e del sindacalismo a livello globale.
In questo strano e complicato 2022, Alberto avrebbe compiuto da poco novant’anni.
Ci troviamo, invece a ricordare i dieci anni di distacco da un amico e dirigente che è stato sindacalista per tutta la vita, pur avendo ricoperto già negli anni ottanta del Novecento altri incarichi ed esplorato altri mondi.
Abbiamo nel nostro cuore gli occhi curiosi e luminosi di Alberto, quegli occhi che sono immortalati all’inizio della sua bellissima autobiografia (Dalla parte dei diritti. Settanta anni di Lotta, Rosemberg & Sellier, 2011), in una foto in bianco e nero, risalente a quando di anni ne aveva due.
E’ importante, specialmente per le nuove generazioni di militanti fimmini che non lo hanno conosciuto direttamente, fare memoria viva della sua attualissima e peculiare figura.
Nato il 29 giugno 1932 a Venaria Reale, vicino a Torino, da famiglia molto povera di origini pugliesi, orfano del padre a dieci anni, finita la terza elementare aveva dovuto abbandonare la scuola per il lavoro.
A tredici anni era già un metalmeccanico ma continuava a studiare alle scuole serali. Giovanissimo, pur proveniente da una famiglia socialista, si iscrisse alla Libera Cgil e poi alla Cisl. La sua prima tessera della Fim risale, infatti a quando aveva diciannove anni, un anno dopo la fondazione della nostra organizzazione.
Assunto alla Fiat nel 1955, qualche anno più tardi Alberto divenne parte di quel grande investimento formativo della Cisl delle origini, venendo selezionato nel 1957, per il “corso lungo” presso il Centro Studi di Firenze. Un’esperienza vissuta proprio mentre Giulio Pastore, da lui fortemente sostenuto, si impegnava a combattere la deriva aziendalistica della Fim di Torino alla Fiat.
Per chi come Alberto, aveva dovuto limitare fortemente la propensione allo studio, le colline di Fiesole furono occasione fondamentale, da un lato, per recuperare pezzi di cultura generale, dall’altro per apprendere pienamente le idee-forza fondamentali del sindacato nuovo.
E’ noto che fu uno degli allievi cui, l’allora direttore Vincenzo Saba, braccio destro di Mario Romani, rimase maggiormente legato, anche a decenni di distanza.
Dopo alcuni anni per lui non semplici, Alberto divenne uno dei protagonisti della “nuova Fim” che, con la spinta di Pierre Carniti, si affermava nei centri industriali più importanti, Torino, ovviamente, compresa.
Entrò in segreteria della Fim di Torino nel 1961, un anno prima del celebre congresso nazionale di Bergamo che sancì la piena affermazione del gruppo guidato da Carniti e Macario e della spinta innovatrice della Fim, orientata soprattutto alla diffusione della contrattazione articolata e alla costruzione piena dell’autonomia sindacale.
E’ importante ricordare un fatto apparentemente minore che spiega molto di Alberto: quando, nel 1964, su proposta di Carlo Donat Cattin, divenne rappresentate dei lavoratori nella Camera di
Commercio di Torino, fu il primo sindacalista a rifiutare il relativo compenso e a destinarlo alla cassa di solidarietà della Cisl del capoluogo piemontese.
Dopo la prima metà degli anni Sessanta, si aprì per lui un nuovo importante capitolo: l’impegno internazionale sindacale, dapprima con un viaggio di studio negli Stati Uniti e poi, inviato da Macario e dalla Fim, nel maggio del 1968 a Parigi, nel pieno dell’esplosione della rivolta studentesca.
L’impegno internazionalista per Tridente divenne il suo grande compimento sindacale e fu sempre prossimo all’idea contrattuale appresa al Centro Studi e nelle vertenze aziendali: si pensi, per esempio, all’azione sindacale nelle imprese multinazionali, ovviamente a partire da quelle del settore auto.
Tra i protagonisti della tornata contrattuale importantissima del 1969, Tridente entrò in segreteria nazionale della Fim due anni dopo il contratto dell’autunno caldo, nel 1971, condividendo questa esperienza indimenticabile con Carniti, Pippo Morelli, Franco Bentivogli, Rino Caviglioli, Alberto Gavioli.
Furono momenti esaltanti ma anche contradditori nella storia del sindacato italiano. Come è noto la Fim svolse nel 1972, il proprio congresso di scioglimento, ma non fu seguita dalla Fiom, a causa dell’opposizione del Pci.
Con la nascita, nel 1973, dell’FLM unitaria, Tridente che in precedenza era il responsabile del settore auto, ne divenne il responsabile dell’imponente Ufficio Internazionale.
Quasi leggendario il suo impegno a livello globale: un’azione eccezionale, instancabile, solidissima. Solo alcuni flash: la mobilitazione per il Cile dopo il golpe del 1973, l’azione coraggiosa e costante nel sostenere il sindacato libero negli ultimi anni del franchismo in Spagna, l’incontro, decisivo, con il Brasile e con un leader che diverrà suo grandissimo amico: il metalmeccanico e futuro Presidente Luis Lula Da Silva.
La seconda parte della sua autobiografia si intitola: non a caso: “Mia patria è il mondo intero”.
Sta qui un messaggio che a dieci anni dalla morte di Alberto, è importante ricordare per tutta la Fim, soprattutto per i dirigenti più nuovi: il sapere vivere, allo spasimo, un ideale internazionalista, che sa essere visionario, ma mai velleitario, un ideale fortemente anticipatore e ancorato alla migliore tradizione contrattualista della Cisl e della Fim, aperto alle contaminazioni positive e ad un’identità in relazione e in divenire.
Alberto fu anche tra coloro che favorirono l’incontro “clandestino” a Roma tra Lula e Lech Walesa, animatore della nascente Solidarnosc in Polonia.
L’intuizione sindacale importantissima di Tridente ha anche una dimensione organizzativa: non basta solo la solidarietà internazionale tra i sindacati, occorre la promozione del coordinamento tra i lavoratori a livello globale, nelle filiere produttive, nelle multinazionali, come nelle catene di fornitura, dando valore anche alla dimensione europea e globale del sindacato di categoria.
Tutto questo va realizzato anche con strumenti che mettono in collegamento anche lavoratori e cittadini: si pensi solo alla grandiosa operazione di boicottaggio organizzata rispetto al commercio del rame cileno e per la promozione nel mondo del lavoro e dei delegati di fabbrica di una cultura della pace.
A partire dal 1984, terminati i mandati sindacali, Alberto continuerà il suo impegno anche a livello politico, come consigliere regionale e parlamentare europeo, ma soprattutto come promotore instancabile, non solo di solidarietà internazionale, ma di cooperazione decentrata di comunità, dove l’azione delle istituzioni, si fonde con quella della società civile.
Con la sua autobiografia, che sarebbe molto importante che i giovani e i dirigenti sindacali riprendano e leggano, Alberto ci ha lasciato una testimonianza bellissima, uno sguardo unico e multiforme sulle trasformazioni del lavoro e della società a livello globale nel corso di buona parte del Novecento.
Sono tante le immagini e le narrazioni di un testo che si nutre dell’instancabile impegno di Tridente per la salvaguardia dei diritti umani e del lavoro nei paesi privi di democrazia, siano essi il Cile sotto Pinochet o l’Ungheria sotto l’agonizzante socialismo reale, il Guatemala di Rigoberta Menchù o il Salvador di Monsignor Romero e di Marinella Garcia Villas.
Ma c’è un’immagine del libro e della sua vita che ci colpisce molto e che vogliamo ricordare a tutti i fimmini, riprendendola da Via Po, l’inserto culturale di Conquiste del Lavoro
“E’ l’ottobre del 1988, ultimi scampoli del regime di Pinochet. A Santiago si sta svolgendo il referendum che sancirà il lento abbandono del potere da parte del dittatore che è però tuttora in sella con tutto il suo apparato militare repressivo.
Alberto è lì, alla conferenza internazionale per la democrazia in Cile. No, non è sul palco, non sta svolgendo una relazione, intessendo contatti. Sta bloccando gli ascensori. Si perché, sia pur per qualche istante, Luis Gastavino esponente della sinistra cilena ricercato e clandestino porterà il suo fulmineo saluto alla conferenza. Alberto, parlamentare europeo, è tra le persone che riescono a fare da barriera con i propri corpi e ad impedire l’arresto
dell’attivista che, toltosi il travestimento, pronuncerà brevissime parole di augurio e di speranza per il ritorno della democrazia per poi svanire nel nulla, fino all’uscita dalla clandestinità. Alberto Tridente era questo: una grande personalità, un uomo che sapeva esprimersi non solo nell’agone pubblico, ma anche nel silenzio delle scalate alpine, che sapeva quando prendere la parola e gestire un’assemblea, uno sciopero, una lotta rivendicativa, ma anche essere frammento di un arcipelago collettivo e solidale d’impegno, militanza e gratuità”.
Alberto, non solo metaforicamente, era uno
scrittore, un brillante alpinista e rocciatore fino a tarda età ma, soprattutto, un realizzatore di favole.
Un viaggiatore che sapeva nutrirsi e che può oggi può alimentarci, come direbbe Eduardo Galeano, della concretezza quotidiana dell’utopia.
La Fim lo ricorda con riconoscenza e affetto e non dimenticherà mai la sua testimonianza e la sua carica ispiratrice e mobilitante.
23 luglio 2022
FIM CISL NAZIONALE