Ex-Ilva, bene fondi ma si deve tornare a far produrre l’impianto
Benaglia ( Fim Cisl): lo Stato italiano salga al 60% in fretta
di Rita Querzè -Corriere della Sera, 4 gennaio 2023
Il segretario della Fim Cisl Roberto Benaglia ha letto le rassicurazioni sul futuro dell’ex Ilva di cui si è fatto portatore il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, attraverso un’intervista ieri su queste pagine. Si dice interessato ma non del tutto rasserenato. E puntualizza alcune questioni. «Va bene il ripristino del cosiddetto scudo penale (una volta tolto, nel 2019, aveva rischiato di causare l’uscita di Arcelor Mittal dall’affare, ndr;). Va bene anche l’”investimento” di 680 milioni da parte di Invitalia. Ma il punto è: per fare che cosa e in che tempi? Se questi soldi servono tutti per pagare i debiti arretrati che Acciaierie d’Italia ha con Eni e Snam, allora finiti i fondi i problemi resteranno lì, irrisolti. Usiamoli invece per tornare a produrre e investire. Sia il ministro delle Imprese Adolfo Urso che il presidente Bernabè dicono che Invitalia potrebbe anticipare la salita al 60%, dall’xx attuale prima del maggio 2024. Quelle risorse sono esattamente quanto serve per arrivare appunto alla soglia del 60%. Allora che si faccia subito questo passaggio e si interrompa uno stillicidio che si trascina da troppo tempo. I fatti che attendiamo ora, non tra un anno, sono tre: ripartenza dell’altoforno numero 5, il maggiore a Taranto; aumento della produzione dalle circa 3 tonnellate del 2022, un minimo storico non giustificabile nemmeno con la crisi del settore, e infine il ripristino dei contratti con le 145 aziende degli appalti».
Il 10 gennaio Fiom e Uilm hanno programmato uno sciopero negli stabilimenti ex Ilva, con una manifestazione a Roma il giorno successivo. Non ci saranno i metalmeccanici della Fim Cisl. Perché, se i nodi ancora da sciogliere sono non da poco come quelli appena illustrati? «Come metodo siamo abituati ad ascoltare e poi a decidere — risponde Benaglia —. Visto che è previsto un incontro al Mise, a cui sarà presente anche l’azienda, il prossimo 19 gennaio, abbiamo pensato di attendere quella data. In seguito decideremo con gli altri sindacati il da farsi».
L’investimento pubblico di Invitalia potrebbe non bastare a dare una svolta al governo del gruppo. Si parla di patti parasociali contenuti nell’accordo che venne siglato nel dicembre del 2020 con gli avvocati di AmInvestco. Patti che prevederebbero la governance nelle mani dei franco-indiani anche nel caso lo Stato detenesse la maggioranza. «È questo il timore che aleggia su tutta la vicenda. Sia chiaro, non abbiamo pregiudizi nei confronti di nessuno ma constatiamo come lo scorso gennaio si fosse dichiarato un obiettivo di produzione di 5,7-6 milioni di tonnellate e poi alla fine si sia arrivati appena a tre. Certo, c’è la questione del costo dell’energia. Ma questo valeva per tutti gli operatori del settore eppure c’è chi ha fatto ottimi affari. Soprattutto nella prima metà dell’anno c’è stato un “ciclo d’oro” della siderurgia che Acciaierie d’Italia non ha saputo cogliere. Lo Stato prenda la maggioranza e valuti se necessario se esistono soci privati più affidabili».