Benaglia (Fim): “Sull’ex Ilva il governo faccia la scelta giusta riprendersela costerà meno
di Diego Longhin – la Repubblica 5 gennaio 2024
TORINO – «L’ex Ilva è un caso scuola di cosa vuol dire l’assenza di politica industriale in questo Paese. L’acciaieria di Taranto dovrebbe avere il rango di bene nazionale. E giunto il momento per il governo di fare la scelta giusta, considerando la doppia responsabilità di Meloni: preservare il più grande soggetto industriale d’Italia e l’investimento e le quote pubbliche del gruppo. Basta andare a traino di Arcelor Mittal. Siamo all’ultimo giro di pista». Roberto Benaglia, segretario nazionale della Fim-Cisl, si rivolge direttamente alla premier per convincerla che l’unica strada per salvare il gruppo Acciaierie d’Italia è il ritorno in maggioranza del pubblico in attesa di trovare nuovi partner.
Bisogna mettere fuori gioco Arcelor Mittal? «Non mi sembra che siano impegnati a rilanciare il gruppo e pronti a investire. Se il governo riesce a trovare un accordo con Mittal per tornare ad avere la quota di maggioranza in modo consensuale per noi va bene. Il traino deve però essere in mano al pubblico. Sia chiaro. Noi come sindacati non pensiamo e non vogliamo la nazionalizzazione, ma è giusto che lo Stato preservi un suo bene fondamentale per il sistema Paese. La pensano allo stesso modo i più importanti industriali italiani. E crediamo sia meglio evitare l’amministrazione straordinaria che creerebbe solo un grande sconquasso sociale».
L’impegno è ingente, si calcola che l’Italia, attraverso Invitalia, dovrebbe mettere sul tavolo 1,3 miliardi. Sono per iniziare. E poi altri fondi. Non è troppo? «Si sbaglia chi pensa che con la chiusura di Ilva si risparmierebbe. Anzi. Sono pronto a dimostrare alla premier al prossimo incontro che all’Italia costa di più chiudere l’ex Ilva che tenerla aperta, creando sviluppo e sostenendo la decarbonizzazione della siderurgia. Nell’ipotesi malaugurata che l’ex Ilva salti per aria, oltre al disastro sociale, il governo deve considerare i soldi necessari per garantire gli ammortizzatori sociali e le bonifiche degli impianti».
Ha parlato degli industriali italiani. Questa cordata siderurgica pronta a mettersi in gioco non si vede all’orizzonte. Ci sarà? «Ci vuole tempo. Nessuno ora è disponibile a entrare dentro l’ex Ilva a occhi chiusi. Acciaierie d’Italia è al limite. Come un’auto rimasta sul ciglio della strada senza benzina. Bisogna metterci il carburante, dare una controllatina e poi rimetterla in moto. Poi arriveranno le cordate».
Vede all’orizzonte altri casi Ilva, qual è lo stato di salute dell’industria metalmeccanica? «Il caso ex-Ilva è unico e particolare, fondamentale perché è la base su cui si fonda l’industria siderurgica nazionale. L’industria metalmeccanica in generale sta rallentando e vedremo gli effetti nella prima parte del 2024. Per questo è necessario sul fronte auto sostenere la transizione verso l’elettrico. Ma non bastano gli incentivi, bisogna lavorare sulle misure di politica industriale. Il confronto con Stellantis e il governo è aperto, non siamo all’armo zero. Stellantis ci garantisce il mantenimento dei siti italiani, ma il vero tema da affrontare sono i modelli e volumi produttivi e l’indotto che rischia di soccombere».
II 2024 è l’anno del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Sarà un passaggio difficile?
«Con F iom e Uilm abbiamo realizzato per la prima volta un questionario on-line per sentire la voce e le idee dei lavoratori. In questi anni abbiamo chiuso tanti contratti di valore, penso anche all’ultimo accordo per 500 mila artigiani metalmeccanici a cui viene restituito quasi completamente il potere di acquisto. Con questo rinnovo vogliamo rendere più attrattivo e sostenibile, dando tutele, welfare, diritti, formazione e sicurezza, il lavoro metalmeccanico. Una priorità non solo nostra, ma delle imprese. Vogliamo chiedere anche un premio per i metalmeccanici che non hanno il contratto aziendale, per completare così 30 anni dopo gli accordi del `93 il sistema contrattuale».