Messico. Gli operai Teksid, Gunderson e Pytco da 12 mesi in lotta per ottenere “pane e libertà”
Sono le 11 del mattino di Sabato 18 Aprile 2015. Il termometro marca già 35° nella piazza centrale di Monclova, città dello Stato di Coahuila. La regione della Repubblica Messicana che a nord confina con il Texas.
Un gruppo di operai della Teksid Hierro de México, l’impresa italiana del Gruppo Fiat-Chrysler, che dal 1996 produce nella frontiera con gli Usa monoblocchi di ghisa per i motori dei veicoli industriali, sta appendendo uno striscione. C’è scritto: “¡Seguimos en Pié de Lucha!”; Continuiamo a Lottare!
Insieme ai lavoratori di Teksid ci sono gli operai di Gunderson-Gimsa. Un’impresa americana leader nella produzione di vagoni ferroviari. E di Pytco, un’azienda messicana che esporta in tutto il mondo tubi e profilati di acciaio.
Gli operai delle tre imprese si sono riuniti per celebrare l’anniversario degli scioperi che, a distanza di pochi giorni, esplosero nelle tre fabbriche nell’aprile 2014. I lavoratori chiedevano “pane e libertà”. La condivisione annuale del dieci per cento degli utili aziendali. Il diritto a scegliere democraticamente l’organizzazione sindacale titolare dei contratti collettivi. Entrambi, diritti dei lavoratori e doveri delle imprese, sanciti dalla Costituzione Messicana.
La serie di scioperi, inaugurata proprio dagli operai della Teksid Hierro, terminò tra la fine di Aprile e Maggio del 2014 con la firma di accordi fra la dirigenza delle imprese e commissioni dei lavoratori. Accordi ratificati dal sindacato titolare dei tre contratti collettivi, la Confederación de Trabajadores de México (CTM) e l’istituzione arbitro dei conflitti del lavoro in Messico, la Junta Local de Conciliación y Arbitraje (JLCyA). Gli accordi prevedevano la reinstallazione dei lavoratori licenziati, il pagamento delle giornate di sciopero, l’impegno a non intraprendere rappresaglie contro gli operai, oltre alla concessione del diritto alla votazione per l’organizzazione sindacale e la condivisione degli utili.
A distanza di un anno, a parte la distribuzione degli utili, le tre imprese e i dirigenti del sindacato “charro” [1] non hanno rispettato gli accordi. Nonostante la causa legale intrapresa dai lavoratori, il 19 Settembre del 2014, con la consulenza del Sindicato Nacional de Trabajadores Mineros, Mentalúrgicos, Siderúrgicos y Similares de la República Méxicana, il Contratto Collettivo, grazie alla complicità della stessa JLCyA, è stato rinnovato alla medesima centrale sindacale senza interpellare gli operai, mentre i lavoratori continuano a essere vittime di una feroce repressione, che fino ad oggi ha lasciato un saldo di 600 licenziamenti.
I lavoratori, licenziati arbitrariamente, sono stati classificati come “sovversivi”, precludendogli la possibilità di un nuovo impiego in tutte le imprese dello Stato di Coahuila. Qui, complice il sistema dei “contratti collettivi di protezione” stipulati da sindacati esistenti solo sulla carta”, permane il monopolio della CTM. Gli attivisti del movimento, inoltre, sono stati vittime di minacce e brutali aggressioni, orchestrate dalle imprese e dal sindacato “charro”.
Gli operai della Teksid sono stati i primi a sperimentare la violenza già durante lo sciopero, in occasione del primo tavolo di trattative convocato dall’azienda nella JLCyA.
“Quando eravamo nella Junta il presidente ci ha detto di spostare le auto dal parcheggio, perché sarebbe dovuto arrivare un TIR. Quindi io e gli altri otto lavoratori membri della delegazione formata per le trattative, siamo andati a spostare i nostri mezzi. Alla fine della negoziazione, quando siamo usciti, nel parcheggio c’erano i pick-up di cento picchiatori che ci hanno aggrediti con bastoni, intimandoci di desistere dalla lotta, mentre le pattuglie della polizia erano sparite”
I picchiatori sono stati riconosciuti come membri della CTM e operai degli Altos Hornos de México. Una delle più grandi acciaierie dell’America Latina, con sede a Monclova. Azienda statale privatizzata nel 1991 dall’ex-presidente messicano Salinas De Gortari.
Le dichiarazioni di alcuni lavoratori impiegati da oltre trent’anni negli Altos Hornos segnalano, rispetto alle aggressioni, la collusione del sindacato e delle imprese con il crimine organizzato:
“I picchiatori sono reclutati nelle linee di montaggio dagli stessi responsabili delle risorse umane. In cambio gli pagano la giornata e gli procurano marihuana e cocaina”.
La relazione fra narcotraffico, multinazionali, CTM e istituzioni garanti della giustizia del lavoro, a Monclova è un fenomeno noto. Sostenuto da numerose testimonianze ed episodi giudiziari. Un caso recente, reso noto dalla stampa messicana, è quello della “sparizione forzata” di José Antonio Robledo Fernandez, ingegnere di ICA Fluor. Un’impresa che si è occupata di un progetto di ampliamento degli stabilimenti degli Altos Hornos de México. L’ingegnere è scomparso nel 2009 durante una trasferta di lavoro a Monclova. La settimana stessa i genitori, accorsi nella città alla ricerca del figlio, ricevono presso l’hotel in cui alloggiano la visita di due uomini. Si presentano come rappresentanti degli Zeta, il cartello del narco-traffico che gestisce la piazza di Monclova. I due uomini sono riconosciuti come Carlos Arturo Jiménez Encina, arrestato il 4 Marzo del 2015 con l’accusa di essere l’operatore finanziario degli Zeta, e José David Galindo Flores, che fino a Novembre del 2014 è Sostituto Procuratore per la Difesa del Lavoro a Monclova. Quest’ultimo è figlio di Jose David Galindo Montemayor. Attuale segretario generale della CTM a Ciudad Frontera, un municipio di Monclova in cui si trova la sede della Teksid Hierro. E’ nipote di José Dimas Galindo Villareal, fondatore della CTM nello Stato di Coahuila, mentre suo zio, Mario Galindo, è l’attuale dirigente sindacale della CTM nella Teksid.
Il rapporto di parentela che lega il sindacato titolare del contratto collettivo della Teksid, di Gunderson-Gimsa e Pytco, con la Procura del Lavoro e il narco-traffico è sostenuto non soltanto dalla testimonianza dei genitori dell’ingegnere scomparso. Anche un detenuto implicato nella “sparizione”, cui si è concessa la condizione di “testimone protetto”, ha formulato presso il pubblico ministero una dichiarazione incriminatoria e colpevolizzante di questi legami.
Anche per questo i lavoratori della Teksid Hierro si sono riuniti in piazza a Monclova il 18 di Aprile. L’obiettivo è rendere visibile una realtà messicana non solo lontana da relazioni industriali partecipative, ma dallo stesso rispetto della legalità. Un modello in cui l’arbitrio e la violazione dei diritti umani e del lavoro, consentono alle imprese un livello di sfruttamento della mano d’opera locale inaccettabile per gli standard europei e nordamericani. Salari minimi mensili che non raggiungono i 400 euro. Giornate lavorative di dodici ore per sei giorni la settimana. In una violazione sistematica della stessa legislazione del lavoro e Costituzione Messicana. Avvalendosi della corruzione delle istituzioni giuridiche, della collaborazione di “sindacati fantasma” e della collusione con il crimine organizzato.
Gianni Alioti, Ufficio Internazionale Fim-Cisl
nota: l’articolo e’ stato scritto con il contributo di studenti e ricercatori della Universidad Nacional Autónoma de México
[1] In Messico, con il termine di charrismo sindacale si definisce il fenomeno di completa subordinazione e sottomissione dei dirigenti sindacali all’apparato dello Stato e ai padroni. La parola ricorda un episodio del 1948 quando il governo “di sinistra” del Generale Lazaro Cardenas del Rio impose con la forza la fine dell’autonomia e della libertà sindacale, subordinando il movimento operaio alla struttura burocratica e autoritaria al potere. Il charrismo è una delle forme del corporativismo politico che è servito come forma di controllo per sostenere e riprodurre regimi politici autoritari e corrotti in Messico. I Governi di turno fino ad oggi, per assicurare la fedeltà dei sindacalisti charros, gli hanno garantito – attraverso la legislazione – il controllo delle quote sindacali obbligatorie, la gestione di fondi di risparmio, di programmi per la casa, per la formazione e borse di studio che – normalmente – beneficiano solo le persone più vicine (compresi i familiari) al “cerchio magico” del leader sindacale charro. Tutto ciò li ha trasformati in leader ciechi e sordi alle istanze dei lavoratori, servili con i potenti e despoti con gli operai.
Di seguito l’articolo pubblicato su Conquiste del Lavoro del 6 maggio 2015: