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SINDACATO: c’era prima di Renzi e ci sarà anche dopo

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Comunicato Stampa

Dichiarazione del Segretario generale Fim Cisl Giuseppe Farina

 

Governo: Il sindacato Confederale c’era prima di Renzi e ci sarà anche dopo.

C’è il dubbio che chi chiede il cambiamento sia davvero interessato

Per la fortuna dei lavoratori e della democrazia del nostro paese, il Sindacato Confederale italiano è esistito prima di Renzi e continuerà ad esistere durante e anche dopo Renzi. Perché, al contrario dei tanti parvenu della politica, che discutono sulla rappresentatività del sindacato senza conoscerlo e sono in parlamento senza che nessuno li abbia davvero eletti, il sindacato italiano elegge democraticamente i propri rappresentanti ed è fatto forte, dal sostegno di milioni di perone e lavoratori in carne ed ossa, che tutti i mesi, scelgono volontariamente di sostenere con un loro contributo il proprio sindacato e dalle migliaia di imprese, che tutti i giorni parlano e contrattano con il sindacato sui problemi delle imprese e dei lavoratori nelle realtà dei territori. Così come fanno, i tanti amministratori locali e i ministri dei governi che trovano utile e conveniente discutere e coinvolgere il sindacato, nelle difficili gestioni delle crisi industriali.

 

Se il governo Renzi non vuole concertare, ce ne faremo una ragione, se si riducono i distacchi sindacali vorrà dire che rafforzeremo di più la nostra presenza tra i lavoratori e faremo più contrattazione nei luoghi di lavoro a partire dai settori pubblici.

 

Anche il sindacato Confederale deve naturalmente cambiare e in profondità, e su questo la Cisl è già impegnata. Non basterà  un restyling, va cambiata la cultura del lavoro, le modalità, contenuti e forme della contrattazione e deve qualificare e organizzare meglio la sua presenza nei luoghi di lavoro e nei territori. Deve, in sostanza, imparare a fare di più i conti con la globalità dell’economia e le trasformazioni del mondo del lavoro, che hanno cambiato i paradigmi della rappresentanza e reso evanescenti le antiche barriere tra il lavoro autonomo e quello dipendente, tra quello pubblico e quello privato e reso più difficile per l’industria italiana la competizione nei mercati.

Se non farà questo non potrà prendersela con nessuno, tanto meno con la politica che è cosa diversa, dalla vulgata semplificata e dai luoghi comuni che in questi giorni si ascolta sull’inesorabilità del declino del Sindacato Confederale.

Saranno i fatti che si occuperanno di smentire i profeti sventura.  Il dubbio che resta, è se quelli che oggi invitano il sindacato a cambiare, sono davvero interessati ad un nuovo sindacato o alla cancellazione della più forte rappresentanza sociale organizzata che c’è nel Paese e che mantiene l’ambizione di rappresentare l’insieme del mondo del lavoro ed essere interlocutore, “non distratto”, delle politiche economiche e sociali dei governi. Se così fosse troverebbe spiegazione, l’avversità del premier per il sindacalismo confederale e l’occhiolino, che continua a strizzare, ai sindacati ideologici antagonisti e di base che notoriamente sono complementari al potere politico e inoffensivi per i governi.

Roma, 27 agosto 2014                                                                    Ufficio stampa Fim Cisl

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