Gli anni 2000-2015
ANNI 2000/2015 – SCENARIO
Quindici anni di fuoco, cambia la faccia del mondo.
L’11 settembre 2001 due aerei dirottati da terroristi di Al-Qaida si abbattono sulle torri gemelle del World Trade Center di New York, un terzo si lancia sul Pentagono, un quarto precipita in una campo della Pennsylvania. I morti sono circa 3.000. L’amministrazione Bush risponde lanciando una strategia di guerra globale al terrorismo, a cominciare dall’intervento in Afghanistan, dove la Nato prenderà la direzione delle operazioni, cui partecipa anche l’Italia con un proprio contingente….leggi tutto lo scenario
SINDACATO DIVISO
I primi anni Duemila vedono il mondo sindacale italiano profondamente diviso. Le tensioni giungono alla rottura aperta con il “Patto per l’Italia” (luglio 2002), sottoscritto con il governo di centro destra dalla Cisl e dalla Uil, mentre la Cgil vi si oppone. Lo firmano inoltre tutte le associazioni datoriali, comprese quelle storicamente legate alla sinistra (come Lega delle Cooperative e Cna). Il punto che scatena il conflitto è la sospensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori per le piccole aziende che, facendo nuove assunzioni anche part-time, superano i 15 dipendenti. La deroga è minima e soprattutto sperimentale, ma assume un elevatissimo carattere simbolico, anche per la martellante campagna delle organizzazioni datoriali e della destra politica. Soprattutto c’è una questione politica: la Cgil è in opposizione radicale al governo di centro destra, con il quale si rifiuta di trattare; dal canto suo Sergio Cofferati, ormai alla fine del suo mandato di segretario generale della Cgil, gioca una pesante partita all’interno dei Democratici di sinistra per la realizzazione di una sorta di laburismo, un rovesciamento della cinghia di trasmissione tra partito e sindacato. La Cgil organizza a Roma il 23 marzo 2002 un’imponente manifestazione per l’intangibilità dell’articolo 18, con Cofferati assoluto protagonista. La tensione è forte nei luoghi di lavoro, soprattutto tra i metalmeccanici, dove non mancano episodi di intolleranza. Sul fronte più caldo della contrapposizione, la Fim è impegnata, come nel 1984, a difendere l’autonomia del sindacato e il suo diritto-dovere di contrattare con qualsiasi governo, “amico” o “nemico” che sia.
Nella Cisl, dal dicembre 2000, è segretario generale Savino Pezzotta, che si dimetterà nell’aprile 2006 per dare posto a Raffaele Bonanni, il quale a sua volta nel 2014 sarà sostituito da Anna Maria Furlan. La Uil dal 2000 al 2014 è guidata da Luigi Angeletti, proveniente dai metalmeccanici, cui succede Carmelo Barbagallo. Alla guida della Cgil, nel settembre 2002, a Sergio Cofferati subentra Guglielmo Epifani, già socialista e all’epoca aderente ai Ds; infine, nel novembre 2010, viene eletta segretario generale Susanna Camusso.
Ci sono avvicendamenti anche sul fronte padronale. Spicca l’elezione, nel 2004, di Luca Cordero di Montezemolo alla presidenza di Confindustria, annunciando una maggiore autonomia dal governo rispetto al suo predecessore Antonio D’Amato. A Montezemolo succederà nel 2008 l’imprenditrice industriale Emma Marcegaglia, sostituita nel 2012 da Giorgio Squinzi.
Ancora nel 2004, l’imprenditore vicentino Massimo Calearo succede ad Alberto Bombassei al vertice di Federmeccanica. Nel 2008 Calearo viene eletto deputato del Partito democratico e al suo posto subentra l’imprenditore mantovano Pier Luigi Ceccardi, cui succede dal 2013 Fabio Storchi.
Anche dopo l’avvento di Epifani alla guida della Cgil, permane lo stato di tensione tra le confederazioni, in particolare tra Cisl e Cgil. Tuttavia l’atmosfera gradualmente migliora, si sviluppano iniziative comuni, soprattutto sul terreno della riforma del welfare, con importanti sviluppi nella seconda metà del decennio. In particolare Cgil, Cisl e Uil il 23 luglio 2007 firmeranno con il governo Prodi un protocollo su previdenza, lavoro e competitività, per l’equità e la crescita sostenibile; l’intesa viene sottoposta con referendum ai lavoratori, che l’approvano con una schiacciante maggioranza (quasi l’82 per cento). Solo tra i metalmeccanici, come nel 1995 per le pensioni, i consensi non raggiungono la maggioranza, arrestandosi al 49 per cento: di nuovo la Fim, impegnata nel sostegno all’intesa, è esposta sul fronte più caldo. Il clima positivo è confermato dall’accordo raggiunto tra le confederazioni nel maggio 2008 su un documento unitario per la riforma della contrattazione, un tema che si andava trascinando da anni tra polemiche e resistenze, soprattutto da parte della Cgil.
Su questa scia si arriva a una serie di accordi unitari tra i sindacati confederali e la Confindustria sulla rappresentanza: Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, Protocollo d’intesa del 31 maggio 2013 (in applicazione del precedente) e, infine, il Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, dove sono definiti i criteri per misurare e certificare la rappresentanza delle organizzazioni sindacali in ordine alla partecipazione ai negoziati e alla validazione degli accordi, facendo riferimento a un mix tra dato associativo e dato elettorale.
Ciò malgrado, la divisione rimane profonda e anzi si inasprisce, soprattutto nei metalmeccanici, e in particolare tra Fim e Fiom. La Fiom, sotto la guida di Claudio Sabattini, poi di Gianni Rinaldini che gli succede nell’aprile del 2002 (Sabattini morirà agli inizi di settembre del 2003) e infine di Maurizio Landini, (eletto segretario generale Fiom nel 2010) è progressivamente orientata su una linea di dissenso sistematico anche all’interno della Cgil (emblematica è l’opposizione alla firma del testo unico sulla rappresentanza) e di radicale conflittualità, che esploderà soprattutto in occasione dei contratti nazionali, ma che pervade tutte le iniziative nell’ambito della categoria, con particolare virulenza attorno alla vicenda Fiat. Gli accordi separati non faranno più notizia.
I CONTRATTI
La divisione tra i sindacati metalmeccanici raggiunge il massimo con la firma di ben due contratti nazionali – quello per la parte economica (3 luglio 2001) e quello normativo (7 maggio 2003) – solo da parte di Fim e Uilm, con l’opposizione della Fiom, la quale sviluppa una violenta agitazione contro le due organizzazioni firmatarie. Il primo contratto conquista un aumento salariale medio mensile di 130.000 lire (67,14 Euro) più una “una tantum” di 450.000 lire (232,41 Euro). Il secondo, oltre a un congruo aumento salariale (90 Euro mensili), contiene importanti avanzamenti sul piano normativo, in particolare sul diritto allo studio (ripresa e miglioramento delle 150 ore; utilizzo delle 250 ore di permessi retribuiti nel triennio anche per lo studio della lingua italiana da parte dei lavoratori stranieri). La Fim, in particolare nell’assemblea svolta a Montichiari (Brescia) il 9 maggio 2003, appena due giorni dopo la firma del contratto normativo, afferma con forza il suo diritto-dovere di negoziare in modo ragionevole e vantaggioso in funzione di risultati positivi e concreti, senza abbandonarsi all’agitazione fine a se stessa. Il solo modo di difendere il contratto nazionale – questo è lo slogan della Fim – è di farlo. Il consenso guadagnato tra i lavoratori, pur tra mille difficoltà e intimidazioni, nonché i buoni risultati ottenuti a livello organizzativo confermano la bontà della sua scelta. Successivamente, nella vertenza per il contratto 2005-06, si ricompongono i rapporti tra i tre sindacati metalmeccanici, che vanno al confronto negoziale sulla base di una piattaforma unitaria. Il rinnovo riguarda di per sé la parte salariale, in realtà sono stati affrontati anche alcuni contenuti normativi. La vertenza, condotta in modo unitario da Fim, Fiom e Uilm dalla piattaforma fino alla conclusione, è stata caratterizzata da un’aspra conflittualità, con due scioperi generali di 8 ore e una manifestazione nazionale a Roma il 2 dicembre 2005. I risultati: aumento salariale medio di 100 Euro, “una tantum” di 320 Euro; erogazione di 130 Euro a giugno 2007 per i lavoratori privi di contrattazione aziendale; riforma migliorativa dell’apprendistato (introduzione dell’“apprendistato professionalizzante”). La scadenza del contratto è stata allungata di 6 mesi, fino al 30 giugno 2007. Sono unitarie anche la piattaforma e la conclusione del successivo contratto normativo, firmato il 20 gennaio 2008. Viene ottenuto un significativo risultato sul piano retributivo (aumento di 127 Euro medi sui minimi); un aspetto importante è che diventa strutturale l’elemento perequativo destinato ai lavoratori privi di contrattazione aziendale. Positivo inoltre è il bilancio sul piano dei diritti. Restano invece irrisolti i nodi relativi al mercato del lavoro (ad esempio, la mancata introduzione di percentuali massime all’utilizzo dei contratti a termine e di somministrazione) e della riforma del sistema di inquadramento professionale, cui peraltro la controparte si era impegnata nel contratto precedente.
Quello del 2008 è l’ultimo contratto unitario, al quale la Fiom continuerà ostinatamente a fare riferimento. Il contratto successivo, firmato il 15 ottobre 2009, non vede più la firma della Fiom, malgrado integri e migliori quello unitario del 2008: ottenuto senza un giorno di sciopero e prima della scadenza, realizza un significativo aumento retributivo ottenuto senza scambi peggiorativi sul piano dei diritti e delle normative. Naturalmente sono aspre le polemiche attorno allo sciopero proclamato dalla Fiom il 9 ottobre contro il contratto separato e “gratificato” da una scarsa partecipazione. Nei volantini della Fim si ricorda che un tempo gli scioperi si facevano “per”, e non “contro” il contratto.
La storia si ripete per il contratto relativo al triennio 2013-2015, rinnovato il 5 dicembre 2012, naturalmente senza la firma della Fiom, anch’esso con un mese d’anticipo sulla scadenza e senza un’ora di sciopero. Il contratto assegna un aumento medio a regime di 130 Euro mensili e significativi miglioramenti normativi, soprattutto sul piano della malattia. La Fiom, oltre a proclamare il rituale (e fallimentare) sciopero di protesta, denuncia alla Magistratura Federmeccanica, Fim e Uilm per l’illegittimità del contratto separato; al che il Tribunale di Roma nel maggio 2013 risponde confermando la legittimità del contratto e condannando la Fiom al pagamento delle spese giudiziarie.
In quel torno di tempo la Fim pubblica un volantino nel quale si confrontano le conquiste ottenute da chi ha firmato tutti i contratti e da chi, come la Fiom, ha firmato solo quelli unitari, dal 2001 al 2013: con la loro azione negoziale positiva Fim e Uilm hanno portato ai lavoratori un aumento salariale complessivo medio di 624,14 Euro (contro 227 unitario), un aumento dell’elemento perequativo di 485 Euro (contro 260 unitario), un aumento dell’indennità del lavoro notturno turnisti del 20-25% (contro 15%), pagamento della malattia lunga dell’80% della retribuzione (contro 50%), avvio del fondo sanitario aziendale (contro il nulla in materia). Conclusione della Fim: l’unico modo per difendere il contratto nazionale è rinnovarlo… Il resto sono chiacchiere. E con le chiacchiere non si difendono i lavoratori”.
LA VICENDA FIAT
In questo periodo esplode la vicenda della Fiat, che farà registrare il massimo di conflitto all’interno del sindacato, tra la Fim e la Uilm, da un lato, e la Fiom dall’altro.
Un antipasto di questo conflitto viene servito alla Fiat-Sata di Melfi nell’aprile 2004, dove un’agitazione promossa dalla Fiom si trasforma in una protesta generale dei lavoratori. La Fiom guida l’agitazione, mentre Fim, Uilm e Fismic tentano di avviare una trattativa riconducendola nell’alveo unitario della Rsu. La Fiom rifiuta e costituisce con Ugl e Cobas un comitato di lotta. La tensione cresce, soprattutto dopo un pesante intervento della polizia. Intervengono le confederazioni, il negoziato riprende a Roma, ma viene sospeso per protesta dopo un’aggressione subita da una delegata della Fim. La Fiom manifesta a Roma il 4 maggio, la Fim a Melfi il giorno dopo. Infine l’iniziativa delle confederazioni ha successo: la Fiom accetta di modificare le forme di lotta, la trattativa riprende e il 6 maggio si giunge a un accordo unitario.
Su questa vicenda la Fim ha condotto un lavoro di riflessione e di revisione autocritica, promuovendo tra l’altro una ricerca affidata al Dipartimento di Sociologia e di Scienza politica dell’Università della Calabria per capire in profondità le esigenze dei lavoratori. Tutto questo col tempo ha dato i suoi frutti e alla fine la Fim, che aveva subito una flessione nelle adesioni, ha risalito la china diventando la seconda organizzazione dopo la Uilm e prima della Fiom.
Il conflitto nel sindacato esplode insanabile con la drammatica crisi della Fiat, giunta sull’orlo del fallimento nei primi anni 2000. La svolta verso il salvataggio e il rilancio porta il nome dell’italo-canadese Sergio Marchionne, entrato nel Cda del Lingotto nel 2003 su designazione di Umberto Agnelli ed eletto amministratore delegato il 1° giugno 2004 (Umberto Agnelli morirà poche settimane dopo). Impossibile riassumere qui le mosse con le quali Marchionne ha costruito il suo successo (fine dell’accordo con la General Motors con conseguente recupero di liquidità; “salvataggio” della Chrysler nel 2009 per intervento della Fiat con l’appoggio di Obama e il consenso del sindacato americano dell’auto; rivoluzionamento delle relazioni industriali con al centro l’accordo di Pomigliano; creazione del nuovo gruppo FCA, con sede della direzione ad Amsterdam; rilancio sul mercato e nuove assunzioni in Italia…). Ci limitiamo a qualche cenno sugli aspetti che più direttamente riguardano il conflitto nel sindacato.
A fronte degli investimenti promessi con il piano “Fabbrica Italia” lanciato nel 2010 (poi “rivisto e corretto” nel 2012), Marchionne ha chiesto ai sindacati un drastico mutamento nella gestione delle relazioni industriali, in funzione dell’adozione dei sistemi WCM ed ERGO-WAS: più flessibilità, diversa dislocazione delle pause in funzione dell’efficienza produttiva, affidabile autoregolamentazione del sindacato nell’esercizio della contrattazione, riduzione fisiologica della conflittualità anche attraverso la rinuncia allo sciopero in determinate condizioni, ecc. Ciò ha significato l’ uscita dal contratto nazionale di categoria per introdurre un nuovo contratto specifico per FCA.
Tutto questo è stato al centro dell’accordo di Pomigliano, siglato il 15 giugno 2010 da Fim, Uilm, Fismic e Quadri, ma non dalla Fiom. L’accordo sottoposto a referendum registra il 63,4% dei consensi. Lo stesso tipo di accordo ottiene successivamente l’88% dei sì a Grugliasco e il 54% dei sì nella pur difficilissima sede di Mirafiori. È una grande vittoria non solo per Marchionne, ma anche per quella parte di sindacato, con la Fim in testa, che ha accettato una sfida difficile anche per la propria tradizione sindacale. Un sfida che si è dimostrata vincente: agli inizi del 2015 Marchionne, oltre a registrare successi di FCA sul mercato al di sopra delle attese, ha potuto annunciare importanti aumenti di occupazione a partire dallo stabilimento di Melfi e persino una partecipazione dei lavoratori agli andamenti economici dell’azienda. Tutto ciò non ha minimamente scalfito la rigida opposizione della Fiom, mentre ha confermato la bontà dell’approccio pragmatico e innovativo, e soprattutto vantaggioso per i lavoratori, della Fim.
Come in altri casi, e in modo emblematico nella vicenda Fiat, la Fim ha dovuto combattere un’aspra battaglia sul terreno dei media, in buona parte parziali quando non distorsivi della realtà dei fatti, per far conoscere la propria impostazione, che poi si è rivelata vincente e in sintonia con gli interessi e il consenso della maggioranza dei lavoratori.
CRISI INDUSTRIALE E VERTENZE
Ma non c’è solo la Fiat. Sono anni di profonda crisi in tutta l’industria, soprattutto metalmeccanica, costellati di vertenze tutte drammatiche, e non tutte a lieto fine.
Le situazioni più critiche attraversano l’intero comparto siderurgico, a cominciare dall’Ilva di Taranto (al momento in cui scriviamo – giugno 2015 – tutt’altro che risolta), dove il conflitto tra processo produttivo e tutela della salute e dell’ambiente è esploso nel più drammatico dei modi, fino a sembrare insanabile. La crisi di Taranto ha radici lontane, ma esplode con la massima virulenza nel febbraio 2012 con l’iniziativa della magistratura tarantina che pone sotto accusa l’intero gruppo dirigente dell’azienda, a cominciare dalla proprietà nelle persone di Emilio e Nicola Riva, per disatstro ambientale e gravissimo danno alla salute delle persone. In una escalation di colpi di scena si arriva alle soglie della chiusura degli stabilimenti.
I sindacati, con la Fim in testa, si sono battuti e si battono per garantire un futuro non aleatorio a un’azienda così strategica per tutta l’industria italiana e al lavoro di migliaia di persone (circa 11.500 diretti, oltre 2000 nell’indotto) ; sul terreno occupazionale e dell’emergenza sociale ci si è difesi facendo ampio uso di ammortizzatori sociali e di contratti di solidarietà. Circa il futuro dell’azienda, la situazione si presenta ancora incerta e metà 2015: la Fim, favorevole al coinvolgimento di più soggetti istituzionali e privati per creare un nuovo società, sgombrando il terreno da illusorie scorciatoie come la nazionalizzazione, non esita a chiamare in causa le responsabilità del governo; il segretario generale Marco Bentivogli denuncia il preoccupante ritardo dell’azione governativa su tutti i fronti strategici della vicenda Ilva: il risanamento ambientale (la “ambientalizzazione”), il piano industriale, la creazione della “NewCo”.
Soluzioni, sia pure faticose, sono state raggiunte in altri due siti siderurgici “classici”, Terni e Piombino.
Alla AST di Terni (ThyssenKrupp), azienda molto avanzata produttrice di acciai speciali, una lunga e aspra vertenza (36 mesi di sciopero, con episodi di forte tensione sil territorio) si è conclusa in dicembre 2014 con un accordo unitario giudicato soddisfacente da tutte le sigle sindacali. L’accordo sventa i propositi della Thyssen Krupp di ridimensionare fortemente il sito (oltre 500 esuberi, chiusura di un forno) e perevede tra ,l’altro il cancellamento dei licenziamenti e della cig straordinaria, la gestione delle eccedenze esclusivamente attraverso dimissioni volontarie e incentivate, il mantenimento dei due forni, un piano di rilancio e di investimenti, la tutela dei contratti a tempo determinato e degli apprendisti, importanti garanzie salariali. Certo – ha commentato il segretario generale della Fim Marco Bentivogli impegnato in prima persona nella vertenza – “un’accordo difensivo, ma di grande importanza per aver arginato la prepotenza della direzione aziendale e rimesso in campo il futuro produttivo e occupazionale degli acciai speciali di Terni, e dell’indotto”
A Piombino è stata scongiurata la chiusura degli stabilimenti ex Lucchini, grazie all’intervento di un’impresa straniera, l’algerina Cevital, che si è impegnata in una complessa trattativa, che ha coinvolto oltre a Fim, Fiom, Uilm il ministero del Lavoro e le istitutzioni locali (Regione, Provincia, Comune), a riassorbire i lavoratori all’interno della holding (verbale d’accordo, inizio maggio 2015). Comunque a maggio 2015 la vicenda è ancora aperta soprattutto per quanto riguarda il piano industriale. “Più che alla nazionalità – da dichiarato Marco Bentivogli – bisogna vedere il piano industriale… A noi non interessa se i capitali sono italiani o stranieri, ma che servano a mantenere la siderirgia in Italia”.
In un altro settore metallurgico, quello dell’alluminio, acquista risalto drammatico, anche per il contesto economico-sociale della Sardegna, la vicenda dell’Alcoa di Portovesme, minaccia di schiusura da parte della multinazionale americana, che considerea lo stabilimento sardo diseconomico. A metà maggio 2015 non è ancora chiara la prospettiva della trattativa con la multinazionale anglo-svizzera Glencore; la vertenza è accompagnata da un costante e straordinario presidio dei lavoratori e dei sindacati metalmeccanici. Tuttavia questa vicenda – ha sottolineato Marco Bentivogli – va letta e affrontata sullo sfondo di quella bomba sociale che è la Sardegna,
abbandonata a una “desertificazione industriale” che ne compromette ogni opportunità di sviluppo.
Importanti vertenze anche nei settori dell’elettronica di style=”font-size: small;” consumo.
Un buon accordo è stato raggiunto a metà maggio 2014 per i circa 6.000 dipendenti della Electrolux, dopo un’aspro conflitto durato 6 mesi. L’accordo, che ha visto anche l’impegno delle Regione Friuli e del Governo (è stato firmato a Palazzo Chigi), ha scongiurato il licenziamento di 1.200 lavoratori e un forte ridimensionamento delle attività del gruppo e impegna l’azienda a un forte investimento nel corso del piano industriale fino al 2017, al mantenimento di tutti i siti produttivi, a non procedere unilateralmente a riduzioni del personale nel periodo del piano, utilizzando anche i contratti di solidarietà. In compenso, per ridurre la dinamica del costo del lavoro senza incidere sulla retribuzione, si agisce sulla riduzione di pause e permessi sindacali oltre che su una flessibilizzazione delle ferie. I lavoratori hanno approvato l’accordo a larghissima maggioranza.
Meno bene sono andate le cose con un altro gruppo del settore, l’americana Whirlpool, attuale proprietaria degli stabilimenti ex Indesit, che ha annunciato un piano industriale comportante 1350 esuberi, con la chiusura dello stabilimento di Carinaro-Caserta e delle attività logistica di None-Torino. Tutto ciò violando l’accordo del dicemebre 2013, che l’azienda ben conosceva al momento dell’acuisto di Indesit. A metà maggio 2015 gli incontri, che hanno coinvolto il ministero dello Sviluppo economico, hanno aperto qualche debole spiraglio relativo al futuro del sito di Carinaro.
LA VITA DELLA FIM
Malgrado i conflitti nel sindacato, la Fim si consolida, sia con l’aumento degli iscritti (alla fine del 2007 è superata la soglia dei 200.000, un obiettivo a lungo perseguito), sia con ripetuti successi nelle elezioni delle Rsu. Nel frattempo vengono celebrati due congressi nazionali, senza sostanziali mutamenti nel gruppo dirigente nazionale. Il quindicesimo congresso si svolge a Ostuni (Brindisi) dal 29 maggio al 1° luglio 2001 all’insegna delle parole “più uguaglianza, nuove libertà” e affronta soprattutto i problemi delle disuguaglianze a tutti i livelli, dalle disparità tra Nord e Sud del mondo alle diverse condizioni di tutela dei lavoratori nella contrattazione. Nel corso del congresso si svolge una tavola rotonda, coordinata da Bruno Manghi, sulla storiografia sindacale, con la partecipazione di alcuni studiosi di storia del sindacato. Il sedicesimo congresso (Marina di Carrara, 15-17 giugno 2005), sotto lo slogan “capire le domande, trovare le risposte: rappresentare”, pone al centro dell’attenzione la necessità di adeguare la capacità del sindacato di rappresentare un mondo del lavoro frammentato e in profonda trasformazione. Nell’ambito del congresso viene lanciata, nel corso di una “festa africana”, l’iniziativa di solidarietà “Fim for Africa” per sostenere il sindacato metalmeccanico del Mozambico nella lotta contro l’Aids e nella formazione dei propri quadri.
Tra i due congressi, ha luogo a Verona dal 29 al 31 ottobre 2003 l’undicesima assemblea organizzativa, all’insegna del motto “Gioco di squadra”. Viene presentata una prima elaborazione parziale di una indagine-questionario tra i delegati Fim. Nella dodicesima assemblea organizzativa (Terrasini, 10-12 ottobre 2007; slogan “La Fim cresce… cresce il sindacato”) viene approvato, tra le altre cose, un impegnativo progetto di ricostruzione della storia della Fim.
Il diciassettesimo congresso si tiene dal 5 al 7 maggio 2009 a Levico Terme; lo slogan è “riconoscere le differenze, unire le persone, contrattare”. A svolger il tema nella relazione introduttiva è Giuseppe Farina, n style=”font-size: small;”el frattempo eletto segretario generale (giugno 2008). Un momento di intensa partecipazione emotiva è stato il dialogo, guidato da Bruno Manghi, fra tre militanti e dirigenti storici della Fim, Lorenzo Cantù (Milano), Tommaso Bruno (Taranto) e Giuseppe Amelio (Roma). Inoltre il congresso è stato accompagnato da una mostra itinerante sulla Scuola di Barbiana; nell’occasione la Fim ha curato la ristampa di L’obbedienza non è più una virtù di Don Lorenzo Milani.
La tredicesima assemblea organizzativa (Pesaro 9-11 novembre 2011) si concentra sul tema “La Fim in azienda… con te”. Nel corso dei lavori vengono presentati sintetici trailer di due audiovsivi realizzati da Giovanni Panozzo: Voci e volti della Fim (testimonianze e immagini della storia della Fim), che desta profonda emozione; Anche noi, sull’immigrazione in Germania.
Il diciottesimo congresso (Lecce 22-24 maggio 2013) porta come slogan “industriarsi per il lavoro”, arricchito dal sottotitolo “l’impegno per la promozione della persona che lavora in un contesto inedito e straordinario”. Al centro dei lavori un incontro internazionale, con la presenza dei leader di IG Metall, Uaw (sindacato Usa dell’auto), Cnm-Cut brasiliana, China Labour e di industriALL. Tra gli ospiti, malgrado la forte tensione con la Fiom, è intervenuto Maurizio Landini, accolto con educata attenzione.
Ha destato attenzione e sensazione l’iniziativa, riuscitissima, della Fim di indire una assemblea dei delegati a Reggio Emilia (8 aprile 2014). “Marcia della Fim nella città di Landini”, titolava un articolo di Dario Di Vico sul “Corriere della sera”, il quale sottolineava come la Fim punta a dare una rappresentazione più concreta e reale del mondo del lavoro, diversa da quella dei talk show dove imperversa Landini.
Il 13 novembre 2014 viene eletto segretario generale della Fim Marco Bentivogli, mentre Giuseppe Farina entra nella segreteria nazionale della Cisl. Il nuovo segretario, in certo senso “figlio d’arte” (suo padre Franco è uno dei più importanti dirigenti storici della Fim), imprime un forte impulso innovatore convinto che occorre voltare pagina, che “serve un sindacato 2.0” (uno slogan che ha fatto fortuna).
FORMAZIONE E CULTURA
Il 2000 è l’anno del rilancio del Romitorio come struttura cardine della formazione nazionale con una nuova gestione, un rilancio per il quale si sono particolarmente impegnati, anche prestando lavoro manuale gratuito, i giovani della Fim. Nella storia della Fim il Romitorio ha un alto valore, non solo simbolico, e la nuova gestione è stata salutata con una festa il 16 settembre 2000. L’attività di formazione riceve un forte impulso, soprattutto nei corsi lunghi plurisettimanali per operatori al Romitorio di Amelia, ma anche in numerose iniziative formative decentrate. Una novità introdotta nei corsi lunghi è di concludere ogni modulo settimanale con un “caminetto”, cioè una serata informale di scambio e confronto con protagonisti e testimoni privilegiati della vita sociale e culturale, anche esterni al sindacato. Proseguono intanto i “campi giovani” che ogni anno riuniscono decine di giovani in una ricca esperienza di scambio umano e culturale.
Nella sua attività di formazione, soprattutto nell’ambito dei corsi lunghi, la Fim si proietta anche verso l’esterno, con iniziative verso luoghi e testimoni dell’impegno sociale: incontri con realtà del volontariato e della cooperazione sociale, ad esempio: collegamenti sistematici con la Scuola di Barbiana fondata da Don Milani; visita al Polo di Loppiano, in Toscana, sulla “economia di comunione”; conclusione di un corso lungo presso la cooperativa di giovani fondata a Napoli nel rione Sanità da don Antonio Loffredo; iniziativa sui temi della legalità e della cittadinanza a Casal di Principe, nel Casertano, nel cuore della “terra dei fuochi”.
Si infittiscono anche le iniziative a carattere seminariale, a livello sia nazionale che decentrato. Accenniamo ad alcune. Il 20-21 gennaio 2000, a Roma, la Fim affronta in un convegno il problema del Mezzogiorno con lo slogan: “Ricominciamo dal Sud”. Nel convegno esperti del mondo accademico, politico e sindacale si confrontano con le proposte avanzate dalla Fim sul piano delle politiche contrattuali e industriali, concepite “su misura” della situazione del Sud con opportune differenziazioni rispetto ad altre aree del paese. Il convegno ha un’ampia eco nell’opinione pubblica e apre una vivace discussione nel sindacato (vedi n. 1-2/2000 del bimestrale “Lettera Fim”). Il 31 gennaio 2002 la Fim nazionale e i Giovani Fim organizzano a Milano un seminario su “Sapere è libertà: diritto allo studio e formazione professionale come diritti di cittadinanza nel lavoro industriale”, con la partecipazione di esponenti delle Acli, della Gioc e della Rete Lilliput (vedi n. 2/2002 del bimestrale “Lettera Fim”).
Al congresso di Ostuni la Fim aveva definito la propria posizione verso la politica come “interlocuzione pluralista”. Su questa linea si svolge, nell’ambito del Consiglio generale del 26-27 settembre 2002 a Roma, un dibattito su “Bipolarismo sindacale? no grazie”, introdotto dal sociologo Paolo Feltrin, nel quale intervengono Piero Fassino leader dei Ds, Marco Follini presidente del Ccd ed Enrico Letta responsabile economico della Margherita (vedi n. 4-5/2002 del bimestrale “Lettera Fim”). La Fim torna anche sul tema della democrazia sindacale e della rappresentanza. Lo fa con un seminario, promosso dalla Fim del Centro-Sud e svoltosi a Roma l’8 ottobre 2003 sul tema “Privatizziamo anche le regole? Democrazia sindacale: se e come è applicabile nel privato il sistema pubblico di misurazione della rappresentanza”. Vi partecipano importanti giuristi del lavoro ed esponenti politici e sindacali. I contenuti del dibattito sono pubblicati nel n. 5-6/2003 del bimestrale “Lettera Fim”. Un’altra riunione del Consiglio generale della Fim (Roma, 16-17 febbraio 2004) viene dedicata a una analisi degli scenari macroeconomici per individuare le vie per “risalire il declino”, un tema quanto mai all’ordine del giorno, affrontato da diverse angolazioni da tre economisti (vedi il n. 2-3/2004 del bimestrale “Lettera Fim”).
La Fim ha anche cercato di collegare le sue radici ideali con correnti di pensiero politico e sociale quali il liberalsocialismo e il cristianesimo sociale. Ne hanno discusso, in un seminario a Roma il 18 maggio 2004, Nadia Urbinati della Columbia University di New York, Guido Formigoni dell’Università Iulm di Milano, Gian Primo Cella dell’Università statale di Milano, Giancarlo Bosetti direttore di Reset. Il dibattito è stato pubblicato nel libro Eguale libertà edito in proprio dalla Fim.
Collegato al lavoro di formazione è il convegno, svoltosi a Milano il 16 aprile 2009, su “Immigrazione, lavoro, integrazione”, con gli interventi dell’economista Maurizio Ambrosini e del sindacalista dell’IG Metall Frank Patta, una tavola rotonda coordinata dal giornalista de “l’Espresso” Marco Damilano e animata da Gad Lerner, Massimo Cacciari, Franco Pittau, Mario Sepi. Nell’occasione è stato proiettato il video Memoria. Immagini e parole dell’immigrazione italiana in Belgio, presentato da Padre Bruno Ducoli.
Sul piano della comunicazione, la Fim ha ristrutturato in fasi successive a partire dal giugno 2004 il proprio sito web www.fim.cisl.it, nel quale è confluita temporaneamente anche la pubblicazione on-line del bimestrale “Lettera Fim”, che alla fine del 2005 ha cessato la pubblicazione a stampa.
L’IMPEGNO INTERNAZIONALE
Nel XXI secolo si intensifica l’attività internazionale della Fim a livello di imprese e di settori. Con l’accelerarsi della globalizzazione economica e dei processi di ri-localizzazione delle produzioni, si diffonde il lavoro sui Cae (Comitati Aziendali Europei) e l’azione coordinata per la creazione di Reti Sindacali Globali nelle imprese transnazionali (Skf, Alcoa, Caterpillar, Tenaris, Fiat-Chrysler ecc.). Nel 2001 e’ firmato, con l’allora Merloni Elettrodomestici (poi Indesit Company, ora Whirlpool Emea) il primo Accordo Quadro Internazionale al mondo in un’impresa metalmeccanica. Sui Cae numerosi sono i progetti europei di formazione realizzati con il co-finanziamento della Ce (seminari e workshop con partecipazione di rappresentanti dei lavoratori di altri paesi) promossi, a partire dal 2003, in partnership con l’istituto Sindnova e, negli ultimi anni, coinvolgendo anche altre federazioni sindacali della Cisl: Fai, Filca e Flaei. Al contempo, nell’ambito della Fism e della Fem fino al 2012 e, in seguito, di IndustriALL Global Union e IndustriAll Europe, crescono le iniziative d’incontro e coordinamento europeo e mondiale in diversi settori: aerospazio e difesa, automotive, cantieristica navale, elettronica e informatica, equipaggiamenti ferroviari, macchinari agricoli, siderurgia ecc.
L’obiettivo di questo nuovo attivismo e’ – per la Fim – incorporare sempre più la dimensione europea e internazionale, nel lavoro sindacale quotidiano e di prossimità con le fabbriche e le specificità settoriali. Dando, in questo modo, un senso compiuto (bi-direzionale e pro-attivo) all’adesione e partecipazione agli organismi di direzione del sindacalismo europeo e internazionale (comitati esecutivi, comitati di politica aziendale, contrattuale e industriale). E’ quanto avviene, ad esempio, con il processo di fusione in Europa e nel mondo – tra la primavera e l’estate del 2012 – delle tre federazioni dei metalmeccanici, chimici-energia, tessili-abbigliamento. Processo sostenuto – sin dall’inizio – con convinzione dalla Fim, consapevole che ci fosse bisogno di un sindacato forte dell’industria, che sapesse parlare con una voce sola. Per poi scoprire che quanto fatto sul piano internazionale avesse senso anche in Italia, unendo Fim e Femca. Facendo prevalere sull’esigenze di aggiustamento organizzativo la capacita’ di rinnovarsi.
Alle attività multilaterali si accompagna anche un lavoro di interscambio a livello bilaterale (a geometria variabile) con altri sindacati. Specie con il tedesco IG Metall, con il quale si sviluppano dal 2003 ad oggi molteplici iniziative sia come Fim tra i giovani, tra regioni (Lombardia e Baden Wurttemberg), tra territori (Torino e Stoccarda), sia come Fim, Fiom, Uilm a livello di segreterie nazionali e uffici internazionali. Proseguono inoltre le storiche relazioni bilaterali con altri sindacati metalmeccanici, tra i quali: il francese Fgmm-Cfdt (anche se a fasi alterne); il polacco Nszz-Solidarnosc (con il quale nel settembre 2011 si firma un’alleanza strategica per un lavoro congiunto in diverse imprese transnazionali di comune interesse); il brasiliano Cnm-Cut (con cui continuano iniziative di cooperazione e nell’ottobre 2003, al Centro studi Cisl di Firenze, si celebra un seminario comune nel 20° anniversario della nascita della Cut brasiliana); gli spagnoli della Ugt e delle Comisiones Obreras ecc. …E se ne avviano altre con i sindacati metalmeccanici di: Romania (Metarom-CartelAlfa), Portogallo (Sima); Mozambico (Sintime), Colombia (Sintrametal e Sintratucar); Ungheria (Vasas); Croazia (Smh-Is); Serbia (Ie-Nezavisnost), Turchia (Birlesik-Metal), Kossovo (Spmk), Giappone (Imf-Jc) ecc…. Inoltre, diventano sempre più densi i rapporti sindacali e il lavoro congiunto con alcuni sindacati nordamericani: gli steelworkers di Canada e Usa, los mineros del Messico, il sindacato Unifor di Canada e il sindacato Uaw di Usa, specie con l’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat e la nascita di Fca e Cnhi.
Anche nel nuovo secolo la Fim continua la sua storica azione di solidarietà e cooperazione internazionale insieme all’istituto della Cisl: Iscos. Con la Cnm-Cut brasiliana, tra il 2001 e il 2005 si realizza a Belem il progetto “Criança 2000”, per combattere la piaga del lavoro minorile e favorire l’accesso all’istruzione dei minori. Con il Sintime in Mozambico (e la partnership di Cnm-Cut e Fism) si sviluppa, tra il 2006 e il 2010, il progetto “Fim for Africa”, per combattere il contagio del virus HIV con azioni di sensibilizzazione e prevenzione nei luoghi di lavoro. Insieme a questi due grandi progetti, completamente autofinanziati dall’insieme delle strutture Fim su scala nazionale (per un valore intorno ai 100 mila euro), si realizzano anche numerosi micro-progetti mirati, il cui auto-finanziamento (da 5 a 20 mila euro) e’assicurato da singole strutture Fim o direttamente da Iscos. I principali in ordine cronologico sono:
il progetto di solidarietà e interscambio con il sindacato metalmeccanico serbo Gsm-Nezavisnost, sostenuto finanziariamente dalla Fim di Lecco (2003-2005);
il progetto “Comunidade Ativa” ad Abaetetuba in Brasile (2005-2006) finalizzato alla lotta contro il lavoro minorile, sostenuto finanziariamente dalla Fim di Brescia;
il progetto per un laboratorio artigianale di tessuti in Perù a sostegno della Central Nacional de la Mujer Minera, autofinanziato da Fim di Brescia e apparato nazionale Fim (2009-2011);
il progetto “Costruire lavoro dignitoso e contrattazione collettiva nelle imprese italiane in Cina” (2009-2011), finanziato da Iscos con un contributo di Fim Bologna e Fim nazionale;
il progetto “Assessoria Jurídica para a comunidade de Açailândia-Piquiá” nel Pará (Brasile) con i padri Comboniani (2010-2011), a sostegno della campagna sui “Binari della Giustizia”, insieme a Cut Brasile e Usw Canada, finanziato da Fim nazionale;
la partecipazione della Fim nazionale al progetto coordinato da Cisl e Iscos “Adotta un sindacalista clandestino in Birmania” (2011-2013);
il progetto di sostegno al sindacato indiano “Alang Sosiya Ship Recycling & General Workers Association” (2011-2012) che organizza i lavoratori dei cantieri di demolizione navale ad Alang nel quadro di iniziative di solidarietà coordinate da IndustriALL, finanziato con il 5×1000 dell’Iscos Puglia e alcuni apporti di Fim nazionale;
il progetto “VidaViva” (2013-2015) in Colombia, con l’obiettivo di costruire una rete di sindacalisti e formatori esperti sui temi della salute e sicurezza sul lavoro (sostegno Fim Bergamo, Fim Venezia, apparato Fim nazionale in partnership con steelworkers (Usw) canadesi e Cnm-Cut brasiliana e con il supporto organizzativo di IndustriALL);
seconda fase del progetto “Costruire lavoro dignitoso e contrattazione collettiva nelle imprese italiane in Cina” (2014-2015), finanziato da Iscos.
Verso un processo di globalizzazione guidato dalle Corporation e da politiche neo-liberiste la Fim partecipa sia alle mobilitazioni contro il vertice del G8 a Genova, sia a tutte l’edizioni itineranti del Forum Sociale Mondiale, dal primo incontro di Porto Alegre (Brasile) nel 2001 a quello del 2014 a Tunisi. Nel 2004 prende parte alla “Carovana internazionale per la vita dei lavoratori colombiani”, promossa dal sindacato Sinaltrainal, per protestare contro l’uccisione di sindacalisti in Colombia, in particolare negli stabilimenti Nestlé e Coca Cola. Insieme al Comitato Carlos Fonseca e ai Cobas organizza in Italia il boicottaggio della popolare “bibita”, costringendo tutti a una riflessione sulle forme nonviolente di azione diretta finalizzate al contrasto delle violazioni, da parte delle multinazionali, di fondamentali diritti umani e sindacali. Con la stessa tensione etica verso la giustizia sociale e ambientale la Fim, dal 2005 al 2013, prende parte a tutte le edizioni di Terra Futura a Firenze. Sul tema delle de-localizzazioni nel quadro dell’economia globalizzata il Consiglio Generale Fim ne discute a Mestre nel 2005 con rappresentanti sindacali di Cnm-Cut Brasile, Ig Metall Germania, Metarom Romania, Nszz-Solidarnosc Polonia. L’anno successivo a Firenze seminario pubblico del Cg Fim con Susan George e Mario Sepi su “In un’economia globale di mercato i lavoratori hanno bisogno di un sindacato globale”… E in occasione del 18˚ congresso Fim nel 2013 a Lecce conferenza internazionale su “Nuove sfide e futuro del sindacalismo globale”, con interventi di Gianni Alioti (Fim-Cisl Italia), Paulo Cayres (Cnm-Cut Brasile), Han Dongfang (China Labour), Angélica Jimenez-Romo (IG Metall Germania), Bob King (Uaw Stati Uniti), coordinati dal giornalista Teodoro Chiarelli (La Stampa).
Infine, in rete con altri sindacati, movimenti, associazioni e Ong, la Fim in tutti questi anni e’ attiva in diverse campagne e azioni internazionali, tra cui: Commercio internazionale equo, giusto e sostenibile; No dumping; Stop Bolkestein; Lavoro Minorile; Contratto mondiale dell’acqua; l’Africa non e’ in vendita; “No poverty No aids”; Solidarietà con i contadini di Singur nel West Bengala (India) contro la Tata Motors; Abiti Puliti (Clean Clothes); Azioni per il Clima e contro l’emissione di gas serra; contro la Deforestazione; contro l’Energia nucleare e a sostegno delle Energie rinnovabili; per la Tracciabilità dei minerali; per il Disarmo nucleare; per un Trattato internazionale sul commercio di armi; Sui binari della giustizia; ZeroZeroCinque per la tassazione sulle transazioni finanziarie; contro il Ttip tra Usa e Ue ecc.